Mappe acustiche INM e monitoraggi aeroportuali, ancora interrogativi, anche sulla VIA

Analizzando alcune impronte acustiche evidenziamo numerose, ripetute, incongruenze.

 

E' da tempo che sollecitiamo ai soggetti interessati (i cittadini, i gestori aeroportuali ed anche gli organismi di validazione delle suddette mappe) talune carenze, negligenze, contraddittorietà dei parametri essenziali per elaborare le impronte acustiche. Da quelle elaborate con il modello matematico INM a quelle ricavate dalle reti di monitoraggio con centraline fisse e mobili.

 

Il rischio inevitabile di tali "negligenze" è sempre il medesimo: la mappa non corrisponde al reale impatto di emissioni sonore. La novità  recente è che tali "ingenuità" sembrerebbero investire anche alcune mappe presentate per l'aggiornamento di Procedura di Impatto Ambientale.

 

Il punto successivo è, ancora una volta, il medesimo. Chi deve verificare la validità e certificare l'autorevolezza e veridicità dei dati rappresentati?

Possibile che non venga adeguatamente elaborata secondo le linee guida della Circolare ENAC Apt 26?

 

Le prescrizioni della circolare sono lineari, semplici e rigorose. Perché non vengono pedissequamente applicate?

 

Quando i cittadini interessati al sorvolo degli aeromobili, in decollo ed atterraggio, senza alcuna prova tecnica, senza alcun riscontro formalmente validato,sostengono di essere investiti da un numero di decibel superiore a quello segnalato dalle reti di monitoraggio e/o dai modelli matematici esprimono nient'altro che una vaga sensazione. Ma qualora emergono, come spesso avviene, le incongruenze che Aerohabitat ha annotato la sensazione individuale non può più essere catalogata come una percezione/sensazione psicoacustica soggettiva del tutto avulsa dal dato oggettivo. Dal dato di decibel realmente riscontrato secondo termini di legge/decreto e/o circolare ENAC.

 

Senza entrare - in questa analisi - nel merito, del dettaglio del singolo parametro, che se non correttamente elaborato, altera di fatto la mappa acustica, occorre invitare i cittadini ed i comitati aeroportuali a esigere, a pretendere la documentazione elaborate dalle Commissioni Aeroportuali, dai Comuni che dispongono gli allegati alla Procedure di VIA e sottoporli a tecnici competenti.

La realtà acustica proposta dagli esercenti aeroportuali deve essere, correttamente, analizzata.

Le sorprese sono dietro la porta. 21 ottobre 2011

Aerei e rumore urbano, una nota di Greenreport su una sentenza della Corte UE

Ancora una volta la UE interviene sul rumore aereo.

Da sito www.greenreport.it  Aerohabitat propone un articolo di Eleonora Santucci del 9 settembre scorso.

 

Aerei e rumore nelle aree urbane: una sentenza della Corte Ue fa chiarezza

 

Gli Stati membri possono imporre limiti massimi di emissione acustiche misurate al suolo; limiti che devono essere rispettati in occasione del sorvolo di aree situate in prossimità dell'aeroporto. Ma non è sempre detto che tali limiti abbiano gli stessi effetti di una "restrizione operativa" - così come intesa dalla normativa UE -, ossia del divieto, assoluto o temporaneo, di accesso di un aeromobile subsonico civile a reazione ad un aeroporto di uno Stato membro dell'Unione.

 

Lo afferma la Corte di Giustizia europea con sentenza di ieri chiamata in causa dal Giudice belga in relazione alla controversia riguardante la European Air Transport SA (Eat), società di trasporto aereo, il Collegio per l'ambiente della Regione di Bruxelles Capitale e la Regione di Bruxelles-Capitale. Una questione riguardante nello specifico una sanzione amministrativa di importo pari a euro 56113 irrogata alla Eat da parte dell'Istituto di Bruxelles per la gestione dell'ambiente per inosservanza della normativa nazionale relativa al rumore ambientale nelle aree urbane.

 

E' la direttiva del 2002 che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità. La stessa direttiva prevede la definizione di "restrizione operativa" cioè una restrizione che costituisce una misura di divieto, assoluto o temporaneo, di accesso di un aeromobile subsonico civile a reazione a un aeroporto di uno Stato membro dell'Unione. Precisa, inoltre, che possono esistere restrizioni operative parziali, che incidono sull'esercizio dei velivoli subsonici civili a reazione secondo il periodo di tempo considerato, come pure restrizioni consistenti nel vietare del tutto l'esercizio di velivoli marginalmente conformi in aeroporti determinati.

 

Dunque ammette una certa gradualità confermata per altro dal fatto che la stessa direttiva permette l'adozione di restrizioni operative intese a ritirare dal traffico i velivoli soltanto se tutte le misure possibili, ivi comprese le restrizioni operative parziali, non hanno consentito di conseguire la realizzazione degli obiettivi europei.

 

Ne consegue, quindi, che una normativa nazionale in materia ambientale (come quella del Belgio) che impone limiti massimi alle emissioni acustiche misurate al suolo che devono essere rispettati in occasione del sorvolo di aree situate in prossimità dell'aeroporto, non costituisce, in quanto tale, una "restrizione operativa". Perché tali limiti non corrispondono a un divieto di accesso all'aeroporto interessato.

 

L'applicazione di un metodo consistente nel misurare al suolo il rumore prodotto da un aeromobile in volo costituisce un elemento di un approccio equilibrato, poiché può fornire più dati permettendo di conciliare gli interessi concorrenziali delle persone che subiscono le emissioni acustiche, degli operatori economici che gestiscono i velivoli e della società nel suo insieme. E non si può escludere che tali limiti, a causa dei contesti economico, tecnico e giuridico pertinenti nei quali si inseriscono, possano avere gli stessi effetti di un divieto di accesso. Quindi, quando i limiti imposti da tali normative sono talmente restrittivi da obbligare concretamente gli operatori di velivoli a rinunciare alla loro attività economica, siffatte normative dovrebbero essere considerate divieti di accesso. Spetterà al giudice nazionale verificare se tali misure nazionali hanno gli stessi effetti di un divieto di accesso a detto aeroporto. 14 settembre 2011

Boeing propone la rimotorizzazione della flotta 737 vetusta e rumorosa, qualcuno lo farà?

La flotta fracassona di 2° e 3° generazione continua a vessare residenti e cittadini.

 

Era già successo alla flotta MD 80, l'ipotesi di rimotorizzare velivoli ad elevate emissioni sonore, era stata proposta agli operatori aerei. Avrebbe ridotto l'impronta acustica di ogni singolo volo, in decollo ed in atterraggio. Avrebbe anche consentito all'aerolinea un taglio nelle tasse aeroportuali.

Le tariffe aeroportuali per le flotte meno inquinanti (nelle emissioni gassose e sonore) sono drasticamente inferiori. Ma poche vettori hanno rimotorizzate le flotte di MD 80, almeno in Europa.

 

Ora tocca alla flotta Boeing 737. Alcuni costruttori di propulsori montati sulle prime generazioni di Boeing 737, ovvero la serie 20-300-400-500 hanno questa opportunità.

 

Negli USA la stima dell'eventuale operazione per la flotta Boeing 737 della American Airlines (128 velivoli) costerebbe circa 20 milioni di dollari USA. La maggioranza della flotta 737 è della serie 200 e 300. Anche 247 MD80 potrebbero essere sottoposti allo stessa operazione di re - engine. Il risultato per entrambi gli esemplari sarebbe più efficienza, minor consumo di carburante e, infine, ma non ultimo, meno rumore.

 

 

I propulsori proposti sono CFM Leap-X  e Pratt & Whitney PW1000G

Meno rumore perciò minor impatto sul territorio nelle fasi di de collo ed atterraggio dalla piste.

 

Qualche vettore italiano e/o europeo sarà incentivato ad adottare una politica di mitigazione dell'ambiente che passa per una riduzione dei costi operativi?

In Italia sarà difficile, le aerolinee non sono sottoposte a tasse di atterraggio e/o decollo commisurate al rumore aereo prodotto, così come non esistono, di fatto, sanzioni per le flotte fracassone che operano sugli scali del BelPaese.

E' ben noto, la flotta Boeing 737 è la più numerosa al mondo.

 

Ma quanti esemplari arzilli, di vecchia generazione, quelli che abbisogna dei nuovi propulsori, quelli di quarta e/o ultima versione e/o capitolo, volano sulle piste del BelPAese?

Sono di  operatori italiani quando di vettori internazionali? Tanti sono di proprietà altri sono in leasing.

Perché non operano in leasing con esemplari più efficienti e meno rumorosi?

Semplice, gli affitti sono più elevati e non ci sono vincoli ambientali, sopratutto in taluni scali aerei. 30 luglio 2011

Vivere nei pressi di un aeroporto è un problema? Certo, ma dipende dalla distanza e dalle rotte di sorvolo

Gli interrogativi e un commento su due studi relativi alle conseguenze del danno acustico.

Lo studio di Eberhard Greiser, in Germania, e quello svolto a Ciampino lo confermano, ma qualè la distanza critica? In Italia lo studio relativo a Ciampino, condotto dal dipartimento di epidemiologia dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, ha riguardato 597 persone alle quali è stata misurata la pressione in diversi momenti della giornata. Il risultato? Coloro che vivono molto vicino all’aeroporto la pressione aumenta fino a 8,6 millimetri di mercurio per la sistolica e 4,2 millimetri per la diastolica. Ecco la sintesi "vivere vicino a un aeroporto aumenta la pressione del sangue", ma quanto vicino?

 

Nel raggio di tre, cinque kilometri, oltre? Con quale impatto di rumore aereo e di sorvoli?

Lo studio commissionato dalla Germany's Federal Environment Agency, sostiene che gli individui esposti al jet noise hanno indici di rischio del 69% superiori alla media della popolazione di essere ricoverati per danni cardiovascolari. I soggetti che risiedono e vivono sotto le rotte di decollo ed atterraggio, addirittura, il 93% di essere ricoverati i  ospedale.

La salute, in genere, sostiene ancora lo studio tedesco, viene compromessa , "people who are exposed to jet noise have a substantially increased risk of stroke, high blood pressure and heart disease."

 

Ancora l'indagine  rivela come le donne investite da livelli sonori di 60 decibel durante il giorno  risultano "172% more likely to suffer a stroke." Ma per che durata? Per quanto tempo?

 

Il rapporto  tedesco "is based on the analysis of data from public health insurers that were drawn from more than 1 million Germans ages 40 and over who live near Cologne-Bonn Airport in western Germany. "These figures are worrying. It's quite clear that living near an airport is very dangerous for your health," says Eberhard Greiser, an emeritus professor of epidemiology at Bremen University. "Jet noise is more dangerous than any other kind of road-traffic noise or rail noise because it is especially acute and sharp and it induces stress hormones."

 

In quadro, purtroppo non è granché chiaro, precisato e trasparente.

 

La questione "rumore aereo" associato agli aeroporti del BelPaese deve necessariamente essere sottoposto ad un monitoraggio rigoroso, regolare. Il dato dev'essere , inoltre validato.

 

Una verifica che deve essere comparata a valori ed indici acustici incontrovertibili. Nel BelPaese l'impatto acustico aeroportuale risulta discriminato e calcolato solo dalla soglia prevista dalla legge e dai decreti: 60 Lva.

 

Lo studio Greiser rimanda a valori in decibel. Quello svolto a Ciampino, probabilmente, non è stato inquadrato negli stessi valori acustici. Il ruolo della correlazione del rumore aereo con i tracciati radar dei voli rilevati-monitorati è, comunque, decisivo.

Quale percentuale di correlazione hanno i rapporti aeroportuali sull'incidenza acustica dei voli e/o sorvoli? 26 luglio 2011

Aeroporti del BelPaese, ma la notte no, nessun volo notturno

A quasi 14 anni dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 1997, n. 496, Regolamento recante norme per la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili, a quasi 12 dal D.P.R. 9/11/1999, n. 476, Regolamento recante modificazioni al D.P.R. 11/12/1997, n. 496, concernente il divieto di voli notturni ecco finalmente riproposta da discussione sull'applicazione di due norme che tagliano i voli nell'arco notturno 23.00 - 06.00.

Ma possibile che dopo tanto tempo sia stata posto all'ordine del giorno, anche in Italia, il blocco dei voli notturni come avviene in numerosi scali europei?

 

In sostanza "ove venga accertato, dagli organi di controllo competenti, il non superamento della zona di rispetto A dell'intorno aeroportuale del valore di 60 dB(A)Lvan", fatto salvo l'agibilità dell'aeroporto per consentire i voli di Stato, sanitari e di emergenza , sono vietati i movimenti aerei civili negli aeroporti civili e militari".

 In una prima formulazione dei decreti (art.5) erano stati esclusi i due aeroporti di Milano Malpensa e di Roma Fiumicino, la questione ha trovato spazio in ricorsi al TAR e risposte contraddittorie.

Il risultato è stato il seguente: nessun divieto è mai stato adottato, su nessun scalo, ne militare, tantomeno civile, salvo lo scalo di Ciampino. Quest'ultimo caso, con un provvedimento occasionale ed ancora parzialmente in vigore, che tuttavia, comporta l'eventuale arrivo/trasferimento di voli notturni sull'adiacente scalo di Roma Fiumicino.

 

Adesso, dopo tanti anni, senza che nessuno si sia ricordato dei due decreti, dopo che, finalmente il Ministero dell'Ambiente ha emanato un parere, peraltro del tutto scontato, di fine di ogni ambiguità interpretativa: si scopre che i due decreti hanno piena validità.

Meno male, ma come mai solo ora?

E adesso? Non ci resta che aspettare gli eventi, nella convinzione che, senza ulteriori indugi, le commissioni aeroportuali dispongano la loro piena operatività. Cancellino i voli notturni.

 

Diversamente verifichino il rispetto il non superamento degli indici, non dovranno superare  valore di 60 dB(A)Lvan. Con un accertamento rigoroso e puntuale dei limiti di legge.

Certo, ma come?

Con la rete di monitoraggio (conforme agli standard) e/o con il modello matematico (secondo le regole INM)? Stavolta i dati del rumore notturno devono essere resi disponibili, resi pubblici all'opinione pubblica. Permettendo una verifica da parte di soggetti terzi. Anche esterni.

 

Consapevoli che occorrerà validare il dato? Che andrà contrattata, anche preliminarmente, magari utilizzando il criterio Quota Count notturno in vigore negli scali della Gran Bretagna.

Un dato sul quale si potrà eccepire, che si potrà comunque impugnare e magari ricorrere al TAR? 18 febbraio 2011

Aeroporti, dubbi su impronta acustica, zonizzazione e risanamento

Ma cosa significa realmente, per un aeroporto e per i cittadini residenti nell'intorno di una o più piste di volo, quando viene approvata, a maggioranza l'impronta acustica e, all'unanimità dei soggetti partecipanti, la zonizzazione acustica di uno scalo?

Il traguardo è indispensabile e preliminare, previsto da norme di legge e specifici decreti ministeriali, anche per fronteggiare i rischi, le ricadute, gli effetti derivati e collaterali conseguenti all'esposizione continuata ed acuta al rumore aereo aeroportuale.

 

Come è stato descritto da una ampia bibliografia (Ising - 1997, Passchier-Vermeer 1993, Berlung e Lindevall 1995, Babisch 2009, Miedema 1998, Fidell 2002; Passchier-Vermeer 2000, Passchier-Vermeer 2002, Michaud DS 2007, Maschke 2004, Franssen 2004, Raschke F 2004 , Rosenlund 2001; Haines 2001, e tanti altri), sappiamo che il cosiddetto "rumore aereo" altera le funzionalità del sistema nervoso, del sistema ormonale, del sistema cardiaco e vasocostrizione e tanto altro.

Determinando danni anche permanenti.

 

Ecco ma la determinazione della mappa acustica e lo stadio successivo del rischio inquinamento acustico, ovvero la zonizzazione acustica dell'intono, come risolvono il rischio "ambientale" del rumore aereo?

Gli aeroporti vengono adeguati, potenziati, crescono i collegamenti aerei, le frequenze e quindi incrementano i movimenti/voli quindi anche i riflessi sulla mappa acustica.

In parole povere la mappa acustica deliberata e la conseguente zonizzazione acustica vanno aggiornate, al massimo, dato l'evoluzione del trasporto aereo, almeno ogni due anni.

 

Ecco allora riproporsi  il valore del target raggiunto dalla Commissione Aeroportuale e la necessità di ridefinire la configurazione "territoriale" delle fasce A, B e C, oltre a quella, ben più vasta appena sotto ai 60 Lva.

Anche quando la zona C (rossa): >75 dBA, la zona B (gialla): >65-75 dBA, la zona A (verde): 60-65 dBA ed rimanente territorio comunale: <60 dBA risultano del tutto corrette e coerenti con il movimento dei voli in partenza, in arrivo ed in rullaggio, secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali e degli standard di input del modello matematico INM, devono essere necessariamente aggiornati: rifatti.

 

Nell'arco di due successive "impronte acustiche" tuttavia la popolazione interessata dovrebbe aver percezione che una qualche iniziativa di risanamento ambientale, di insonorizzazione acustica (all'occorrenza) sia stata finanziata ed adottata.

Che una qualche delocalizzazione sia avvenuta.

 

Quest'ultima, per quanto a conoscenza di Aerohabitat, è stata realizzata solo nell'intorno di Malpensa. Dei piani di risanamento ed insonorizzazione si è avuto notizia di qualche annuncio, ma al momento, ancora nessuna esecuzione. 1 febbraio 2011

Aeroporti e cimiteri, "riposa in pace", ma, si sperava anche nel silenzio

E' stata una lettera al direttore indirizzata al quotidiano Eco di Bergamo a ricordarcelo, a determinare questo breve commento.

 

Il contesto è quello di una equazione tra aeroporto e cimiteri, tra il rumore aereo ed il silenzio del "riposa in pace", perciò anche lontano dal chiasso, dal rumore viario, industriale e cittadino e/o antropico.

C'era una volta in cui aeroporto e cimiteri erano confinati distanti, al margine, fuori dalle città e dai paesi. Lontano dalle edificazioni, in luoghi dove regnava il silenzio.

 

Nel tempo le piste di volo sono state allungate, le piste sono state raddoppiate e moltiplicate.

I sedimi aeroportuali si sono allargati. Nel contempo le città si sono estese, le edificazioni hanno, autorizzate e/o abusive e quindi condonate, raggiunto i sedimi aeroportuali ed anche i cimiteri.

La legge 447/95 Quadro sull'impatto acustico, ha trovato in seguito applicazione anche nelle zone aeroportuali e tra le comunità insediate nell'intorno. Con criteri differenziati.

In aeroporto il rumore aereo viene validato secondo indici Lva, nelle città invece in decibel.

 

Nei cimiteri il livello acustico è solitamente inquadrato nella tabella A, nella classificazione del territorio comunale rientrerebbe nella CLASSE I, ovvero come "aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.".

 

Il riposa in pace assegnato alle aree cimiteriali è contraddistinto in genere da 35/45 decibel, mentre nell'intorno aeroportuale il rumore aereo potrebbe anche superare, come avviene in tanti luoghi, valori di 65 Lva.

Sono due dati, tuttavia, non confrontabili.

Il rumore aereo rilevato è indubbiamente ben superiore, forse maggiore è quello percepito individualmente, rispetto a quello che dovrebbe esistere tra le tombe cimiteriali.

Ma spesso il cimitero è sempre ed è ancora in prossimità delle piste di volo e probabilmente gli ospiti perenni non potrebbero davvero riposare nel silenzio auspicato.

Lo rilevano anche i parenti e gli occasionali periodici visitatori. 18 gennaio 2011