(293) Linate, Montagnalonga, Trigoria, Linate e le altre, tra investigazioni e misteri

Investigazioni aeree e misteri. Un binomio che spesso affiora, sopratutto nel Paese Italia.  Possibile che un incidente aereo con relativa inchiesta e iter processuale ultimato non sia, per una volta tanto chiuso. Concluso.

Se da un lato anche Aerohabitat continua ad interrogarsi sull'ipotesi del contromano volontario ai Linate 2001, sui ritardi di Linate il 1 giugno 2003 (impatto volatili in decollo e schianto su un capannone di Peschiera Borromeo) e di Trigoria 2009 (esplosione in volo di un Cessna), ecco ripresentarsi, come fosse ieri, una sorta di mistero sull'incidente aereo di Montagnalonga (Palermo - Punta Raisi) del 5 maggio 1972.

 

Nella trasmissione "Chi l'ha visto?", un programma dedicato alla ricerca di persone scomparse e ai misteri insoluti, in onda ogni lunedì in prima serata su Rai Tre, ecco la riproposizione di un incidente aereo e di una serie di interrogativi ancora attualissimi.

Pur inquadrati dal un punto di vista di alcuni familiari delle vittime di quella serata.

 

Nella puntata del 21 dicembre scorso, infatti, sono state riproposte questioni e considerazioni sul volo Alitalia AZ112  Roma - Palermo (DC8 “Antonio Pigafetta”, sigla I – DIWB) e 112 vittime. Sulle salme dei passeggeri e quelli dell'equipaggio, salvo quelle del comandante e del copilota, non furono eseguite autopsie.  Alcuni familiari lo hanno spesso richiesto, ma invano.

Le inchieste ufficiali, una commissione ministeriale presieduta dal generale Francesco Lino, quella della magistratura, della Procura di Catania non avrebbero risolto il caso. Le conclusioni della commissione Lino vengono ribaltate. Il sostituto procuratore Aldo Grassi inquadra le carenze strutturali dell’aeroporto di Punta Raisi e l'ubicazione della pista.

 

Lo spostamento su Monte Gradara, presso Cinisi, del radiofaro NDB, prima localizzato sul campo di Punta Raisi, con la medesima e la stessa frequenza diventa una causa/concausa primaria. Gli esperti, tuttavia, avrebbero contrastato questa ipotesi. Affiora in ultimo anche lo scenario dell’esplosione in volo, un attentato, che l’agenzia Reuter propone e rilancia.

Anche i famigliari di alcune delle vittime, sopratutto con il rapporto Peri (vicequestore della squadra mobile di Trapani).

Questo rapporto viene inviato a ben sette Procure della Repubblica, senza risultati diretti, per venire definitivamente archiviato. Maria Fais, famigliare di una vittima, chiede, da tempo, inutilmente la riapertura del caso. L'incidente di Montagnalonga, dopo 3 processi e un'istanza di riesame, viene respinta nell'ottobre 2001 dal giudice di Catania Peroni Ronchet.

Ma la "verità" risultata dalle Aule di Giustizia, non viene ritenuta adeguata. Verità, cause, concause e responsabilità dovranno essere verificate?

 

Cosa concludere? Dovremmo forse, tra vent'anni, riaprire un'inchiesta sull'incidente del 8 ottobre 2001 di Linate? Come spiegarsi, intanto, i ritardi nelle investigazioni e l'assenza di report sull'esplosione in volo di Trigoria del 7 febbraio 2009 e di quello di Linate del 1 giugno 2003?  29 dicembre 2009

(292) Linate, in quella mattina

Una riflessione, otto anni dopo, va sicuramente fatta.

Serve riflettere sulla mancanza di una analisi specifica innanzi tutto, quindi sul silenzio che ha accompagnato l’ipotesi investigativa del contromano come prassi abituale.

Raggiungere il cosiddetto punta attesa alla pista 36 destra, iniziando il rullaggio dal parcheggio ovest o ATA, senza percorrere la via più lunga, ovvero percorrendo la via R 6 piuttosto che i circa 4000 metri della via nord verso R5, dimezzando in tal modo sia il tempo di rullaggio quanto il consumo di carburante e/o i costi operativi, era uno scenario analitico obbligato.

 

L’interrogativo, com’era stato evidenziato anche dai media, era stato posto, anche nelle giornate successive alla tragedia.

Perché si è trascurato un’opzione che avrebbe potuto essere risolutiva?

Verificare le incongruenze e le contraddizioni di un timing di rullaggio che, qualora fosse confermata la velocità media di rullaggio compatibile, in quella mattinata di visibilità di Categoria II, e riferita da Aerohabitat nella nota “(290) Linate, anatomia del contromano” del 18 agosto 2009.

 

In quella sintesi, infatti, veniva annotato tra l’altro:

- Quale avrebbe potuto essere la velocità media di un aeromobile in movimento a terra, nella mattinata di nebbia intensa e visibilità (CAT 3) intorno a 150 – 200 metri? Un aeromobile di aviazione generale e/o un velivolo di aviazione commerciale avrebbe potuto rullare ad una velocità intorno a 12/14 nodi (kts)? Anche con ridotta visibilità? Aerohabitat, dopo aver ha analizzato la situazione di fitta nebbia esistente, ritiene che una velocità media di rullaggio compatibile, in quella mattinata, avrebbe potuto essere al massimo ad 8 kts/nodi, ovvero circa 14 km/h, pari a circa 4 m/sec.

 

Avrebbe potuto essere un passaggio chiave nella corretta individuazione delle cause/causa che ha generato una incontrovertibile la dinamica incidentale. Un dato non solo non irrilevante, ma decisivo per la costituzione di una prova scientifica, probabilmente della prova regina.

Perciò non un trascurabile dettaglio.

L’accertamento e la verifica di un arco temporale troppo stretto, non avrebbe impedito la negazione della prassi del contromano come chiave decisiva.

Qualora fosse confermato che in quella mattinata di otto anni addietro, la velocità media di movimento a terra risultasse pari a 4 metri/secondo, come documentato da Aerohabitat, le conclusioni sarebbero inevitabili.

 

Un timing di rullaggio inferiore a 8 minuti per spostarsi dal piazzale ATA al punto attesa 36 destra avvalora l’ipotesi di un percorso contromano. A quel punto non ci sarebbero altre alternative, occorrerebbe, e senza alcun indugio, aggiornare l’investigazione tecnica. 8 ottobre 2009

(291) Linate, otto anni dopo, verso un “exit strategy” investigativo

Come rimediare? Quale via d’uscita è ancora possibile per riverificare i fatti e ricostruire una diversa verità su quello che è accaduto a Linate l’8 ottobre 2001? Otto anni addietro?

Da una lato la Relazione finale ANSV, dall’altro le perizie dei consulenti – come Aerohabitat sostiene da qualche tempo – non sembrano aver attribuito l’adeguato approfondimento e scontano l’assenza di un qualche commento tecnico sul “contromano” come scelta deliberata dei piloti del Cessna D-IEVX Citation II.

L’analisi investigativa appariva inevitabile, semplice, fin troppo.

Anche l’argomentazione sembrava lineare, anche se Aerohabitat è partita da un’osservazione piuttosto banale che molti avevano, probabilmente, già fatto, anche a seguito del rilievo posto in Commissione Trasporti sul contromano, percorrendo la via di rullaggio R 6, come prassi, ma alla quale non avevamo dato la dovuta importanza.

Qualsivoglia indagine, qualunque investigazione relativa a problematiche human factor è soggetta, in parallelo, alla verifica comparata tra errore volontario ed errore consapevole.

 

Quindi investigare e discriminare tra la scelta deliberata nel compimento di un atto e di una manovra, piuttosto che all’occasionale e accidentale errore umano.

Si tratta di un’osservazione semplice, ma di fondamentale importanza per la corretta ricostruzione degli eventi.

Con un traguardo preciso: delineare la reale dinamica incidentale e circoscrivere le cause e concause tecniche che hanno generato quell’anomalo “contromano”. 17 settembre 2009     

(290) Linate, anatomia del contromano

 “Non c'è alcun ramo delle scienze investigative così poco praticato, eppure tanto importante, qual è l'arte d'interpretare le orme” (Sherlock Holmes)

 

Come completare il flashback sullo scenario di flop investigativo delineato nella precedente news di Aerohabitat? Come replicare ad uno degli interrogativi “basic” posti da Aerohabitat ancora anni addietro? (vedi Linate 8 ottobre 2001, l’altra inchiesta”)

Come verificare che il confronto tra i tempi di rullaggio possa discriminare il percorso autorizzato via R 5, ovvero una percorrenza di circa 4000 metri per raggiungere il punto attesa alla pista 36 destra, o altrimenti il discusso “contromano” via R6 per completare una distanza dimezzata, di circa 2000 metri?

 

Quale avrebbe potuto essere la velocità media di un aeromobile in movimento a terra, nella mattinata di nebbia intensa e visibilità (CAT 3) intorno a 150 – 200 metri?

Un aeromobile di aviazione generale e/o un velivolo di aviazione commerciale avrebbe potuto rullare ad una velocità intorno a 12/14 nodi (kts)? Anche con ridotta visibilità?

Aerohabitat, dopo aver ha analizzato la situazione di fitta nebbia esistente, ritiene che una velocità media di rullaggio compatibile, in quella mattinata, avrebbe potuto essere al massimo ad 8 kts/nodi, ovvero circa 14 km/h, pari a circa 4 m/sec.

 

Ecco quindi rappresentati, da un lato il differente tragitto da percorrere, al fine di ridurre i tempi del rullaggio, dall’altro i parametri utili per il calcolo del tempo necessario.

Al fine di negare e/o scartare l’ipotesi del contromano volontario e deliberato – sostiene Aerohabitat - l’investigatore e/o consulente che ha esaminato la movimentazione a terra degli aeromobili che erano parcheggiati nell’Apron West – Ovest – ATA, avrebbe dovuto accertare tempi di rullaggio superiori a 10 minuti.

Il quadro delineato da Aerohabitat, ovvero una velocità presumibilmente molto moderata, pari a 4 metri al secondo (utilizziamo questa unità di misura per agevolare e semplificare il calcolo dei tempi/percorsi da confrontare) determina, infatti, il seguente timeline di percorrenza:

 

-  Piazzale ATA verso la testata pista 36 destra, circa 2000 metri (via R6)

 o 500 secondi (pari a 8 minuti e 20 secondi);

-  Piazzale ATA verso la testata pista 36 destra, circa 4000 metri (via R5)

 o 1000 secondi (pari a 16 minuti e 40 secondi).

 

L’analisi, a questo punto, apparirebbe, qualora confermata da riscontri empirici e ufficiali, inequivocabile.

In quella nebbiosa e confusa e tragica mattinata i tempi di rullaggio degli aeromobili in movimento dal piazzale principale e dal piazzale ATA Ovest hanno rispecchiato la velocità di rullaggio stimata dallo scenario proposto da Aerohabitat? 18 agosto 2009 

(289) Linate, flashback su un flop investigativo

E dunque sembra che solo una piccola parte degli interessati consideri con un malcelato fastidio l’ipotesi della prassi del  contromano  - proposta da Aerohabitat – come un’analisi trascurata. La quasi totalità dei soggetti invece la ignora.

Aerohabitat ha evidenziato nel dossier “Linate 2001: l’altra inchiesta” una buona parte di quello che è necessario sapere per inquadrare quello che è realmente avvenuto

Quello che sembrerebbe oscuro è perché a nessun altro interessa, anche se il quadro delineato da Aerohabitat è fin troppo chiaro e trasparente.

La convinzione generalizzata non è mai stata scalfita, se non marginalmente.

L’ipotesi di Aerohabitat non si è, in qualche modo, accreditata. Almeno è questo che si percepisce. Prima o poi, tuttavia, un qualche analista, uno studente impegnato nella tesi di laurea, un Nick Carter del sabato sera, si approprierà di quello che in questi anni Aerohabitat ha riscontrato e commentato.

Nel quadro investigativo degli “unsafe acts”, Aerohabitat non può non far altro che insistere nell’ipotesi della “violation” deliberata in contraddittorio all’errore inconsapevole del pilota e/o dell’equipaggio.

Per favorire l’analisi di quanto sostenuto, Aerohabitat presenta un ulteriore dettaglio/prova. Imperativa.

Anche se del tutto superfluo per un investigatore. Perché scontata, obbligata dalla metodologia, dalla successione logica dell’analisi investigativa.

 

In Commissione Parlamentare ancora nel 2002 era stato sostenuto come i tempi di rullaggio fossero distinti: (i) 8 minuti utilizzando il contromano via R6 (per completare circa 2.000 metri di percorso); (ii) 16 minuti per il percorso autorizzato di circa 4.000 metri (percorrendo il raccordo R5).

Una sintesi che appare estremamente chiara anche se occorre rapportarsi ad una velocità media di riferimento. Ebbene, quale avrebbe potuto essere la velocità media del rullaggio in quella nebbiosa e confusa e tragica mattinata?

A quale velocità rulla un aeromobile di linea e di aviazione generale?

Un aereo che rulla dal parcheggio principale verso il punto attesa della pista 36 destra si muove indifferentemente ad una velocità di  6 nodi e di 12 nodi?

In un percorso rettilineo di circa 2200 metri, potrebbe, senza ostacoli ed impedimenti, raggiungere l’holding point 36 destra anche in 6 minuti ad una velocità di 14 nodi?

Per percorso di 4000 metri invece  sarebbe comunque necessitato un tempo almeno doppio. A entrambe le velocità. 29 luglio 2009 

(288) Linate, nota ANACNA, ANSV e l’appello sull’incidente di Cagliari

Aerohabitat pubblicata la nota sottostante di ANACNA.

E’ anche online sul sito www.anacna.it  ed è stata trasmessa per conoscenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che vigila sull’operato di ANSV.

Il tema trattato riguarda da un lato l’operato dell’organismo investigativo ANSV, da un’altro i tempi di intervento e conclusione delle Relazioni di inchiesta dei singoli incidenti aerei, ed infine argomenta sull’annoso e irrisolto  rapporto tra investigazione tecnica e giudiziaria.

Aerohabitat lamenta da tempo i ritardi nella conclusione della relazione che riguarda l’incidente occorso a Linate il 1 giugno 2003, quando un Learjet in decollo, dopo un impatto con volatili, è precipitato su un capannone di Peschiera Borromeo.

Recentemente Aerohabitat registra la mancanza di informative specifiche relative all’esplosione in volo, occorsa a Trigoria il 7 febbraio 2009, ad un Cessna 650.

Su quest’ultimo caso Aerohabitat ha reso fruibile una indagine specifica.

 

A riguardo vedi su www.aerohabitat.eu  “Cessna 650 - L’esplosione di Trigoria”.

 

Pubblicata da ANSV, solo pochi giorni fa, la perizia tecnica d'inchiesta sull'incidente aereo di Cagliari del 2004. Quasi in contemporanea il bureau d'investigazione francese rilascia la relazione tecnica sull'incidente aereo di giugno 2009. Alcune considerazioni Anacna, sull'utilità di tale materiale e sulla sua capacità di prevenzione degli incidenti in Italia

 

 

 

Ad un mese ed un giorno dal disastro dell'Airbus AirFrance, al largo delle coste brasiliane, gli investigatori della nota Agenzia Investigativa francese hanno pubblicato i loro findings.

 

Pressappoco alla stessa data l’omologa agenzia italiana ANSV, a 5 anni e 4 mesi dall’incidente di Cagliari, che tante polemiche ha suscitato, ha reso finalmente pubblica la relazione sulle cause.

 

Non entriamo doverosamente nel merito dell’elaborato, essendo imminente la celebrazione del processo di appello che – siamo certi – non potrà che rendere giustizia ai due controllori ingiustamente condannati, a nostro avviso, per aver applicato in modo ineccepibile le norme che disciplinano la condotta degli avvicinamenti a vista in Italia.

 

Non sappiamo quanto possa servire per il seguito di questa inverosimile vicenda giudiziaria il fatto che ANSV abbia ribadito oggi che presunte condizioni aggiuntive a tale condotta del volo - il cui mancato rispetto è stato considerato dal giudice una delle violazioni fondamentali su cui basare la condanna - non erano contenute nella regolamentazione tecnica che disciplina la resa del servizio del controllo del traffico aereo in ambito nazionale ed internazionale, in quanto di esclusiva spettanza degli equipaggi di volo e delle Società di Navigazione Aerea Italiane (cosa peraltro sostenuta con forza dagli stessi consulenti del PM) .

 

Attese le finalità di prevenzione, oltreché di accertamento oggettivo, perseguite da A.N.S.V., tempistiche di così impressionante durata, sconcertano: quale utilità può avere, relativamente alla tempestiva soluzione delle problematiche emerse con riferimento alla sicurezza del volo, un accertamento che interviene ad oltre cinque anni dal fatto? Evidentemente nessuna: un’inutile sequenza di costi aggiuntivi.

 

ANACNA ha per anni sollecitato - in Convegni e comunicati stampa prima, durante e dopo il processo di I° grado – l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo affinché concludesse l’inchiesta e ne pubblicasse le risultanze (anche se in ritardo rispetto al termine di un anno imposto dalla legge) per fornire la sua analisi tecnica sulle cause dell’incidente ed in particolare chiarisse definitivamente quali norme in Italia sia chiamato ad applicare il controllore del traffico aereo in presenza di una richiesta del pilota di autorizzazione di avvicinamento a vista.

 

Una risposta in tempi brevi, non tanto quanto quelli della BEA, evidentemente in grado di operatività di ben altro livello, avrebbe potuto fornire preziose ed autonome indicazioni, utili anche all’autorità giudiziaria: l’individuazione dei corretti criteri interpretativi applicabili ad una materia tanto complessa, avrebbe certamente evitato soluzioni assolutamente non compatibili con la concretezza della professione di controllore di volo.

 

Le insistenze dell’Associazione sono cadute nel vuoto.

 

Ed allora ci si chiede:

 

1. Quale intrinseca valenza può avere una relazione “partorita con sofferenza” dopo più di un lustro dall’incidente quando il principale obiettivo assegnato all’Agenzia dall’art.3 del DLgs 66/99 è quello di prevenire incidenti ?

 

2. Non è forse l’immediatezza della individuazione delle cause - come più volte lamentato da ANSV stessa allorquando l’A.G. le precludeva l’immediato accesso ai reperti (vedi per tutte il recente incidente di Trigoria) – quella che consente di svolgere un’efficace opera di prevenzione?

 

3. Come può assolvere in modo adeguato e con terzietà il suo autorevole ruolo tecnico e non politico, un Ente preposto alla Sicurezza del Volo se prima di pronunciarsi sulle cause di un incidente ha avuto occasioni per anni di visionare atti processuali, verbali d’udienze, consulenze tecniche dei CTU, sentenza e copiosa motivazione della stessa? E’ evidente il rischio di condizionamento, più o meno consapevole. Con il ché la prima e più importante delle funzioni di A.N.S.V., la sicurezza del volo, viene fatalmente compromessa.

 

Questi sono solo alcuni dei numerosi interrogativi che la nostra Associazione si pone.

 

In merito vorremmo ricevere risposte non tanto dall’Agenzia, che riteniamo inadempiente ai suoi compiti istituzionali, ma dalle Autorità Vigilanti. Roma 20 luglio 2009 Il Presidente ANACNA Bruno Barra - 28 luglio 2009 

(287) Linate, tra verità processuale e oggettiva

Come hanno reagito l’apparato investigativo interessato da un lato ed i media dall’altro?

Come - nonostante emerga palese e trasparente – è stata argomentata la “scomoda evidenza” rilevata da Aerohabitat?  Se escludiamo un singolo caso i media hanno del tutto ignorato l’indiscreto riscontro. Nonostante risultasse disponibile e fruibile a tutti, perciò anche ai media, ma è rimasta senza alcun commento tecnico/investigativo – pubblico - da parte degli esperti.

Qualcuno attribuisce questa deriva “informativa” e all’assenza d’argomentazioni qualificate alla divaricazione classica tra verità processuale e verità oggettiva.

Alla capacità impositiva di una versione dei fatti sulle altre. E soprattutto alle esigenze di rendere leggibile, fruibile alla massa dei lettori la dinamica incidentale. Che – essendo troppo tecnica - abbisogna di una semplificazione comunicativa.

La verità oggettiva potrebbe essere stata ritenuta irraggiungibile.

Presuppone, infatti, una conoscenza troppo estesa dei fatti, della dinamica, cause e concause, palesi e remote, quella rete di circostanze e motivazioni che hanno determinato gli sviluppi, quelle esigenze comportamentali conscie ed inconscie, automatismi “human act” che stanno alla base delle procedure e azioni attivate dai singoli soggetti.

Una rete troppo intricata e laboriosa per poter emergere con la propria forza.

La verità processuale è una realtà sostanziale, ritenuta equivalente, risultato del dibattito processuale, del confronto tra accusa e difesa, correlato da perizie, consulenze, testimonianze, riscontri di registrazioni dirette e database “realistici” e comunque ritenuti integrali. Durante il processo, le incongruenze tra la verità processuale e storica appare “guidata da regole e da preclusioni che impediscono o rendono travagliata la ricerca della verità fattuale”. Ma quella proposta da Aerohabitat non è una “verità putativa”, una sorta di verità accreditata esclusivamente dal convincimento personale.

 

Aerohabitat sostiene come a Linate 2001 non ci fu nessun errore del pilota – perciò in contrasto con l’opinione corrente sostenuta dal documento conclusivo di ANSV e dalla investigazione ufficiale, perciò quella tecnica e quella giuridica – e che, è opportuno ribadirlo, la dinamica incidentale oggettiva non nasconde nessun mistero.

E’ stato il “contromano” abituale, come prassi operativa la causa della tragedia aerea.

 

Aerohabitat ha spesso descritto il quadro delle incoerenze e contraddizioni messe insieme dalle due investigazioni istituzionali, già nella metodologia dell’indagine.

Ma quale conseguenza pratica ne potrebbe scaturire? Quale rapporto emerge con le “scomode evidenze”, quali riflessi potrebbero scaturire con una rilettura dei riscontri documentali ancora disponibili?

 

Tra la “certezza assoluta” e la “credibilità razionale”, il “canone dell'accertamento giudiziale del fatto, viene letto come l'occasione per ripensare non solo la nozione di certezza processuale, ma anche la configurazione del rapporto tra certezza e verità”, c’è ancora spazio per una verità supportata da una analisi investigativa corretta? 13 giugno 2009 

(286) Linate, ancora sul contromano volontario

Le violazioni sono deviazioni da pratiche operative sicure, da procedure, da standards e da norme. Queste deviazioni possono essere deliberate o erronee…In ogni caso siamo maggiormente interessati alle violazioni deliberate, dove le azioni (non necessariamente con conseguenze dannose) sono intenzionali.” Il testo “La strategia del Margine - Riflessioni sulla sicurezza del trasporto aereo” dal quale è stata tratta la citazione sostiene ancora:

- “Gli errori non sono intenzionali, le violazioni sono deliberate. Le deviazioni dalle procedure sono intenzionali , anche se non lo sono le possibili conseguenze negative”.

Niente di nuovo quindi,ma come sono catalogate allora le violazioni? Nel quadro delle Unsafe acts – come già descritto - sono comunemente suddivise in Routine e Execptional.

L’analisi delle “violazioni” nelle investigazioni incidentali - quali cause o concause - sono state evidenziate e studiate in vari contesti dei trasporti: (Blockey & Hartley, 1995; Parker et al., 1995; Aberg & Rimmo, 1998), nello specifico del pilotaggio degli aeromobili (Air France, 1997) e nella casistica incidenti aerei (Reason, 1990).

 

Ebbene, quanto incide casisticamente la categoria delle “violations” in queste investigazioni? Il grafico in pagina ne delinea le percentuali.

Nell’analisi dei “fatal” accident la rilevanza delle “violation” nel quadro delle unsafe acts appaiono davvero rilevanti. L’interrogativo che Aerohabitat propone è ancora una volta il seguente:

 

- perché Aerohabitat non ha trovato alcun riscontro documentale relativo allo scenario “violation”? Né di conferma e tantomeno di smentita?  12 aprile 2009

(285) Linate, blogs verdi, un ruolo indispensabile

Aerohabitat ritiene indispensabile proporre il testo “I ´blog ´verdi´: clandestini o eroi dell’informazione ambientale? di Riccardo Moscardini ripresa on line dal sito www.greenreport.it  dello scorso 6 marzo 2009.

 

E’ una analisi coinvolgente che riguarda anche il ruolo che Aerohabitat ha sviluppato sul web in questi vent’anni di attività.  Attività – ricordiamo - esplicitate non solo nell’analisi e documentazione delle tematiche prevalenti “aerohabitat” ma specificatamente nelle inchieste ed investigazioni che hanno riguardato alcuni “incidenti aerei”.

 

                                

 

FIRENZE. Cresce la sensibilità del mondo economico, politico, produttivo e mediatico verso le questioni inerenti alla sostenibilità, e parallelamente crescono anche la diffusione e la capacità di penetrazione dell’informazione ambientale “versione 2.0”, e cioè quella che proviene “dal basso” ma che spesso finisce per caratterizzarsi come fonte primaria di buona parte delle informazioni che i media “accreditati” scelgono di trattare. Il Guardian ha raccontato ieri la storia di “Treehugger”, una tra i più noti blog tra quelli che, nel panorama globale, si occupano delle questioni inerenti alla sostenibilità.

 

Nato 4 anni fa da un’idea di Meaghan O´Neill, il gruppo conta oggi 40 diversi blog ambientali che vengono aggregati su un’unica homepage, ed è diventato nel tempo una delle fonti “non ufficiali” più autorevoli nello scenario internazionale.

 

Due sono gli aspetti fondamentali dell’informazione ambientale 2.0: anzitutto una migliore copertura delle informazioni, che grazie all’esistenza dei blog diventa molto più estesa e capillare rispetto a quella “ufficiale”, e caratterizzata da una maggiore velocità di circolazione delle notizie. Ciò ha naturalmente delle controindicazioni (ad esempio in termini di accuratezza informativa e verifica delle fonti), ma è comunque di grande importanza perchè spesso è proprio la (apparente) scarsità di informazioni a causare il ridotto spazio che i media generalisti dedicano all’informazione ambientale.

 

E poi c’è quello che possiamo considerare un “peer-review dal basso”, cioè il monitoraggio che i blog, grazie alla capillarità dei network ad essi associati, riescono ad effettuare sull’attendibilità delle informazioni che circolano sui media “ufficiali”: «i bloggers scoprono le inesattezze, i punti di vista distorti, o le parti mancanti delle storie. Il nostro ruolo è pensare fuori dagli schemi, e far sì che tutti gli aspetti delle storie siano raccontati», spiega O’Neill al quotidiano londinese. Naturalmente vanno evidenziati anche gli aspetti potenzialmente negativi: l’informazione o è attendibile o non è informazione, semplicemente. 

E se l’attendibilità dell’informazione costituisce conditio sine qua non per una testata ufficiale (che tra l’altro rischia –  almeno in teoria - conseguenze legali se questa attendibilità non è perseguita con scrupolo), stesso discorso non vale per i blog, che rischiano conseguenze ben minori. I blogger, infatti, hanno realmente il merito di aver in passato sbugiardato notizie che il “mainstream” dell’informazione aveva battezzato come veritiere, ma è avvenuto spesso anche il fenomeno contrario.

 

Va ricordato, a questo proposito (ed è il Guardian stesso a farlo), quanto avvenuto in relazione alla pseudo-bufala sui ghiacci marini globali di fine 2008, che il 31 dicembre scorso erano stati definiti da un blogger americano (Michael Asher) come “identici a quelli del 1979”.

 

Dal blog di Asher la notizia (capziosa e parzialmente falsa, perchè relativa ad un dato puntuale e non ad un trend), è passata alla rivista per cui lavora, poi ad un’agenzia di  stampa canadese, per arrivare poi in tutto il mondo (e in Italia il 5 gennaio), tramutata dal passaparola mediatico nella notizia per cui «secondo l’università dell’Illinois (che in realtà non aveva pubblicato ricerche sul tema, ndr) i ghiacci artici (non più quelli globali, ndr) sono uguali al 1979». Un tipico caso in cui, per un black-out informativo (e per la ridotta specializzazione di molti che lavorano nell’informazione) una non-notizia pubblicata da un blog ha poi raggiunto tutti i principali media del globo, con effetti che peraltro sono stati enormemente deleteri per la comprensione da parte della cittadinanza della gravità del problema ambientale e climatico.

 

E la responsabilità di ciò è da individuarsi appunto nella scarsa professionalità di chi, nei media “ufficiali”, ha dato spazio ad una informazione senza controllare le fonti. La responsabilità di Asher nella vicenda è limitata, anzi il blogger americano, dal suo punto di vista (si tratta di un climate skeptic tra i più attivi), ha fatto un ottimo lavoro, visto che il suo articolo è stato ripreso dai media di tutto il mondo.

 

Ed effettivamente, anche se va ribadita la mancanza di senso (e la capziosità) di un rilevamento puntuale e non di un trend dei ghiacci, il suo è stato un tipico caso in cui un blog ha svolto un’azione di supplenza dell’informazione ufficiale. Ecco quindi che per il lettore, e ciò vale sia per l’informazione generalista sia – soprattutto - per quella ambientale, è necessario un approfondimento e una verifica costante delle news ricevute, e ciò vale necessariamente per quelle informazioni provenienti dal mondo dei blog, posti come reali i meriti che ad essi rivendica la stessa O´Neill sul Guardian, di cui abbiamo parlato.

 

Altrimenti, tanto vale rinunciare ad ogni ricerca di autorevolezza e cercare le informazioni direttamente su Wikipedia o su siti analoghi, dove è solo la revisione tra pari degli stessi lettori a costituire promessa (promessa, non garanzia) di attendibilità e dove troppo forte è il rischio di una intenzionale distorsione delle notizie. Questo è uno degli aspetti più controversi dell’odierno mondo mediatico: sempre più informazioni circolano in modo sempre più veloce, e raggiungono sempre più persone. Bene è che si amplino i punti di vista, bene è che la revisione dell’attendibilità delle notizie sia svolta da sempre più lettori, e bene è che il giornalismo stia orientandosi sempre di più verso una logica partecipativa, “di rete”, dove ognuno è sia ricevitore sia trasmittente di notizie. Ma occorre, e occorrerà sempre di più nel prossimo futuro, vigilare con attenzione, e stringere le maglie della rete attraverso cui le informazioni giungono al nostro ragionamento.

 

Dubitare, semplicemente, o in altre parole assumere un atteggiamento di sano scetticismo a cui faccia seguito una ricerca personale. Altrimenti, il rischio è di giungere a un futuro in cui nessuna informazione potrà essere considerata attendibile, perchè da qualche parte (magari su un blog), per qualsiasi verità appurata un “link che sostiene il contrario” lo si trova sempre.  

E’ quel mondo futuro che Leonard Cohen in una sua canzone (The future) definisce come una società in cui «le cose andranno in tutte le direzioni, e non ci sarà più niente che si possa misurare», cioè nessuna certezza sarà tale e sarà tutto in dubbio.

 

Una profezia che, riguardo all’informazione scientifica e alla sua necessità di trattare le certezze come certezze, e i dubbi come dubbi, non è auspicabile che si avveri.

12 marzo 2009 

(284) Linate, trascrizioni T/B/T da rifare a Ronchi, non a Linate

Il 20 aprile 2004, sullo scalo di Ronchi ei Legionari, uno scontro tra un MD 80 in rullaggio verso il parcheggio e un camion in manovra per lavori sullo stesso piazzale aveva causato un botto che aveva danneggiato irrimediabilmente il velivolo.

 

Il rottame MD 80 è ancora fermo lateralmente alla pista dopo cinque anni.

 

L’inchiesta tecnica ANSV, parallela alla procedura avviata dalla Procura di Gorizia, nelle 59 pagine del documento è stata completata e divulgata ancora all’inizio del 2006 ha elencato ed inquadrato il contesto infrastrutturale, operativo e la dinamica incidentale dell’inconveniente grave occorso.

 

Sono state identificate le CAUSE e ben quattro RACCOMANDAZIONI DI SICUREZZA (Raccomandazione ANSV-8/89-04/1/A/05 -  ANSV-9/89-04/2/A/05 - ANSV-10/89-04/3/A/05 -  ANSV-11/89-04/4/A/05) per il cui approfondimento rimandiamo alla Relazione ANSV, ma l’indagine giudiziaria è ancora bloccata.

 

  Dovrà essere rifatta la trascrizione delle conversazioni T/B/T tra il cockpit e la frequenza della torre di controllo e ground di Ronchi dei Legionari.

 

I legali dei 14 imputati, accusati variamente di cooperazione in disastro colposo aggravato,  avevano chiesto la nullità della perizia che aveva riprodotto i colloqui tra piloti e controllori di volo, per vizi procedurali.

 

Quale sintesi e considerazioni trarre da una procedura giudiziale che dopo cinque anni non si è ancora conclusa, nonostante ANSV abbia, ovviamente, chiuso la “Relazione” da almeno tre anni, sulla base delle stesse trascrizioni “rigettate”?

 

Lasciando libero spazio all’interpretazione individuale ricordiamo, come invece nella vicenda investigativa – procedurale di Linate 8 ottobre 2001,  le obiezioni relative alle supposte irregolarità delle trascrizioni T/B/T, fondamentali per la corretta ricostruzione della dinamica incidentale - non abbiamo ottenuto la stessa considerazione.

 

Per quale ragione quello che non ha impedito le sentenze a Milano trova invece spazio a Gorizia? Le trascrizioni/perizia che sono state le evidenze basilari per ANSV sono nulle a Gorizia?

 

Solo perché a Linate  l’unanimità dei legali non ha posto la questione dei vizi procedurali relativi alla modalità e congruità delle trascrizioni T/B/T tra i controllori e piloti? Se fosse questo il motivo, perché alcuni legali non avrebbero aderito alla richiesta?  06 marzo 2009 

 

(283) Linate, vincoli per le aree limitrofe agli aeroporti e la loro adozione

E infine anche gli aeroporti italiani dovranno misurarsi con una “regolamentazione” per assicurare spazi di sicurezza esterni agli scali aerei da un lato, zone non edificate e/o edificabili a tutela delle popolazioni e delle comunità insediate nelle zone circostanti dall’altro.

 

In passato erano state presentati alcuni disegni di legge negli anni ’90 in tal senso (vedi Proposta di Legge C. 2480 - La presente legge stabilisce misure di controllo e riduzione dei grandi rischi aerei prodotti dalle flotte civili, commerciali e militari nelle fasi di decollo, avvicinamento ed atterraggio in prossimità degli aeroporti, nonché promuove misure di salvaguardia e tutela dei centri urbani densamente popolati) ma solo in seguito all’incidente di Linate nel 2001 e in parte,  con l’adozione dell’Annesso 14 Aerodrome dell’ICAO è stata avviata un’organica “messa in sicurezza a tutela dei passeggeri ed equipaggi che volano e dei cittadini dell’intorno aeroportuale”.

 

Aerohabitat è impegnata da oltre 15 anni a segnalare i ritardi d’attuazione di questo genere di salvaguardia e tutele per il personale di volo, gi utenti ed i cittadini. Lo ha fatto attraverso documenti, nei convegni e negli incontri pubblici e conferenze stampa che hanno riguardato per l’appunto queste tematiche.

 

Nei siti www.aerohabitat.org e www.aerohabitat.eu sono disponibili i documenti che hanno, da troppo tempo e al momento ancora invano, allertato gli amministratori locali, i gestori aeroportuali e le autorità preposte ai compiti di regolazione e vigilanza nel sistema “aviation nazionale”.

 

Ebbene con il Capitolo 9 del “Regolamento per la Costruzione e l’esercizio delle infrastrutture aeroportuali” di ENAC è stato – infine - colmato questo vuoto normativo. Ora tocca agli esercenti aeroportuali ed agli amministratori locali provvedere: adeguando i Piani Regolatori Comunali, soprattutto in asse pista. Ma anche in decollo ed in atterraggio verificando gli spazi e le aree sottostanti alle traiettorie di decollo ed atterraggio.

 

L’ICAO con il documento “Airport Planning Manual – Land Use and Environment Control – Doc 9184 part 2” ha definito la base standard che ha ispirato la normativa Italiana. La revisione della parte aeronautica del Codice di Navigazione, nel quadro della gestione del territorio oltre alla pista di volo ha posto, con l’articolo 715 e 707.

 

La determinazione delle zone soggette a limitazioni (art. 707) ed alla valutazione di rischio delle attività aeronautiche disposte dal D.Lgs. n. 96 del 9/5/2005  dovranno essere recepite dai piani regolatori dei Comuni aeroportuali.

 

Quali saranno i tempi della piena attuazione della messa in sicurezza degli scali aerei Italiani? Quanti scali/piste potranno dirsi a norma e/o saranno soggetti a deroghe. Una prima analisi della procedura in corso è illustrata nel documento che Aerohabitat ha sintetizzato e reso disponibile on line su www.aerohabitat.eu e www.aerohabitat.org.

 

A riguardo una lista delle piste, probabilmente fuori norma, sarà presentata da Aerohabitat nel prossimo periodo. 03 gennaio 2009

 

(282) Linate, dal SOAM al timing

Una investigazione, una relazione d’inchiesta conclusiva di un incidente aereo senza aver adeguatamente sviluppato il quadro del SOAM Systemic Occurrence Analysis Methodology (un criterio analitico basato sul “Reason - organisational methodology for analysing incidents and accidents”) risulta del tutto impensabile.

 

Soprattutto in Europa, dove i paesi membri di  Eurocontrol, organismo per la sicurezza del trasporto aereo (Organisation for the Safety of Air Navigation) ha predisposto tecniche e metodologie investigative comuni affiancando in questo impegno comune le autorità nazionali dell'aviazione civile.

Come si potrebbe, infatti, verificare e risolvere l’aspetto Human Involvement – fattore decisivo dell “Unsafe Act” - soprattutto quando all’errore umano vengono attribuiti i maggiori disastri mondiali quali Bopal, Three Miles Island, Chernobyl per non parlare del più rilevante incidente italiano, il disastro di Linate - 8 ottobre 2001? Modelli teorici e metodologici hanno focalizzato “l’errore umano” collocandolo spesso nel contesto organizzativo. Un errore generato dall’abilità (skill-based), dall’applicazione di regole (rulebased), dalla conoscenza (Knowledge-based).  Dagli slips - mancanze di attenzione/ percezione con azioni non appropriate, ai lapsus eventi cognitivi che rimandano a buchi/carenze di memoria, ai mistakes,  errori cognitivi, con processi comportamentali collegati a informazioni percepite, a pianificazione e intenzioni,per concludere con le “violations”, deviazioni dalle pratiche operative, da standard e regole di sicurezza. 

 

Errori commessi da operatori front - line, cioè da attori primari del processo operativo – procedurale di un sistema complesso, che sono immediatamente visibili ed identificabili nell’evoluzione, nella dinamica di un incidente.

 

Una analisi SOAM, prima o poi qualcuno la dovrà pur fare.

Al momento è disponibile una prima bozza/versione del SOAM di Linate, non ufficiale (il SOAM nella pagina è illustrativo ed è stato proposto da uno studio di Eurocontrol il 17 novembre 2005) ed è solo indicativo e necessita una integrazione e un completamento.

 

Solo attraverso questa metodologia si potrà ricostruire il timing, fattore decisivo, in grado di discriminare senza alcuna incertezza se a Linate è avvenuto un errore umano (sia esso slip o mistake) o viceversa se c’è stata una violazione deliberata.

In questo secondo caso, senza un timing  adeguato, mancano riferimenti nelle Relazioni dell’inchiesta tecnica e giudiziaria, occorrerà aggiornare l’investigazione con un eventuali ricadute sulle responsabilità più ampie.

 

Con un interrogativo: quale esperienza, quale apprendimento archivia il dopo Linate 2001, di quale lezione e ammaestramento si potrebbe parlare senza una corretta ed esauriente investigazione? Senza aver sviluppato il SOAM o uno strumento d’analisi equivalente? 

03 gennaio 2009