(301) Linate 2001, l'anomala localizzazione del TOBOGA, il magazzino bagagli

Dopo 10 anni, un processo chiuso, le responsabilità civili, un Cold Case.

D'accordo, il caso è chiuso? Ma la questione deve davvero ritenersi del tutto archiviata? Non dovrebbe invece essere riaperto? Rileggendo alcuni stralci della perizia del CTU Mario Pica sembrerebbero riemergere - Aerohabitat lo aveva analizzato e proposto in varie occasioni -  riscontri alquanto rilevanti. Ingombranti.

Com'è possibile che l'investigazione tecnica ed il dibattimento processuale, a suo tempo, non abbiamo adeguatamente sviluppato almeno una questione?

 

Nella Relazione Tecnica datata 23 Aprile 2002, N. 40021/01 R.G. Mod. 21, PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI MILANO riguardante l'incidente aeronautico COLLISIONE IN PISTA tra Boeing MD 87 (volo SAS 686) e Cessna CITATION 525A (D-IEVX) Aeroporto di Milano LINATE 08 Ottobre 2001 si legge:

"L’aeromobile proseguiva il volo con un solo motore per alcuni secondi atterrando di nuovo in pista a circa 120–150 metri dalla fine pista e continuando la sua corsa in leggera derapata a destra attraverso la residua lunghezza di pista, la zona erbosa a ridosso di questa e il raccordo Romeo 5, fino a schiantarsi con il suo fianco sinistro contro un capannone aeroportuale adibito allo smistamento dei bagagli e posto alla estremità occidentale dell’aerostazione passeggeri, a circa 20 metri a destra del prolungamento della pista 36R e a circa 460 metri oltre la fine della medesima pista".

 

 

Nelle pagine seguenti viene inoltre riportato:

 

"Il capannone di smistamento bagagli posto all’estremità occidentale del piazzale  Nord e sul quale si abbatteva il Boeing MD87 dopo la collisione in pista era una costruzione in elementi prefabbricati e pilastri in cemento armato realizzata su progetto debitamente autorizzato dalla Direzione Generale dell’Aviazione Civile e che non prevedeva di interessare la superficie di limitazione ostacoli prescritta dagli standards ICAO. La parte del capannone direttamente interessata all’impatto costituiva lapiù recente aggiunta al fabbricato rettangolare che chiude a Nord il piazzale di sosta degli aeromobili e comprende l’aerostazione passeggeri, i moli di imbarco e gli uffici aeroportuali.

 

In occasione del collaudo della cartografia dell’aeroporto da parte di ENAV, sei anni dopo, emergeva che il manufatto costituiva ostacolo alla navigazione superando in altezza per circa 1 metro il piano ostacoli tanto che veniva installata l’apposita segnaletica a luci rosse.

Certamente non esiste nesso eziologico tra il superamento della superficie di limitazione ostacoli e l’incidente ma la collocazione della costruzione, a soli 460 metri dalla fine fisica della pista 36 Destra e a circa 21 metri a destra del prolungamento del bordo pista, diventa elementodeterminante per l’arresto istantaneo dell’energia cinetica del Boeing MD87.

 

E subito alle spalle di questa costruzione insistono altri fabbricati, un parcheggio per taxi e, lungo l’unica strada di accesso all’aerostazione, un distributore di carburante per autotrazione.

Nessun altro aeroporto italiano aperto al traffico civile internazionale e/o provvisto di procedure strumentali presenta situazioni analoghe".

 

Uno stralcio di Relazione Tecnica che non sembrerebbe essere mai stata smentita da alcuno.

In nessuna sede. Almeno questo è quanto Aerohabitat ha potuto appurare.

Cosa concludere? Quale sintesi emerge dalla lettura di questo testo ufficiale, agli atti al Processo? E' uno scenario rimasto sullo sfondo?

Quali erano e sono, infatti, le responsabilità correlate al rilascio dell'autorizzazione che ha insediato il cosiddetto "magazzino bagagli" in prossimità della pista principale di Linate.

Ma anche, quali incombenze derivano dalla sua mancata demolizione.

Sopratutto dopo il recepimento dell'Annesso 14 Aerodrome ICAO e la promulgazione del Piano di Rischio per incidente aeronautico.

Altro invece riguarda le responsabilità civili correlate alla storica e attuale localizzazione del Toboga. 24 novembre 2011

(300) Linate 10anni dopo, ANACNA richiede una rettifica a "la Repubblica"

L'esigenza scaturita da una intervista all'ex Sindaco di Milano Albertini.

 

Dopo un articolo apparso sul quotidiano "la Repubblica", lo scorso 7 ottobre 2011  a firma Rodolfo Sala, nell'occasione dei primi dieci anni dell'incidente aereo  tra un MD 87 e un Cessna, dal titolo "Tutto per una distrazione nessuna colpa della società", sottotitolo "Albertini: il radar c’era sbagliò l’operatore" nel contesto del quale l’ex Sindaco di Milano, Comune che possiede la maggioranza azionario della Società SEA, esercente dello scalo Forlanini, il Presidente ANACNA dott. Bruno Barra ha richiesto l'integrale pubblicazione di una lettera con adeguate precisazioni e doverose  rettifiche.

 

Aerohabitat dopo aver ricevuto da ANACNA la lettera in questione, nel quadro dell'analisi e indagine condotta autonomamente e in piena indipendenza sull'incidente del 8 ottobre 2001, pubblica molto volentieri la nota sottostante. Lo fa per tre semplici ragioni:

 

1) E' una presa di posizione autorevole e necessaria per ristabilire la verità processuale storicamente avvenuta;

2) E' una nota del tutto condivisa da Aerohabitat CentroStudi;

3) Potrà servire alla riapertura del processo al fine di recuperare un scenario investigativo rimasto stranamente sullo sfondo dell'inchiesta e, probabilmente, disegnare una diversa motivazione della dinamica incidentale. Imponendo all'attenzione degli investigatori la scelta deliberata. Affossando finalmente qualsivoglia causa incidentale derivata da distrazione e/o errore umano.

Al direttore di “La  Repubblica”

Redazione Milano20139 - Via Nervesa, 21

Roma, 26 ottobre 2011

Egregio Direttore,

in merito all’articolo riportato su La Repubblica del 7 ottobre 2011  a firma Rodolfo Sala, dal titolo 'Tutto per una distrazione nessuna colpa della società”, sottotitolo “ Albertini: il radar c’era sbagliò l’operatore” nel contesto del quale l’ex Sindaco di Milano avrebbe dichiarato tra le altre:

  • “…omississ…posso capire le disfunzioni, ma il Comune, come azionista della Sea, non portava la più lontana responsabilità. E neppure la Sea, come peraltro acclarato dalla conclusione dei processi dal momento che la gestione del traffico aereo non è di sua competenza ….omississ….;
  • “…omississ…quel che successe fu un' immane tragedia dovuta a un incidente drammatico. Insomma, il radar di terra c' era anche allora, tutto avvenne per la distrazione di un operatore“…omississ…”

 

ai sensi della legge 8 febbraio 1948, n.47, art.8 , La invito cortesemente a pubblicare, sul Suo quotidiano, nella sua interezza ed in testa di pagina e collocata nelle stesse pagine la rettifica di seguito riportata:

  • Non corrisponde al vero che sia stato acclarato nei tre gradi di giudizio che SEA non abbia avuto alcuna responsabilità nella produzione del disastro aereo di Linate dell’8 ottobre 2001. Questa falsa affermazione è smentita dal giudicato finale della Suprema Corte di Cassazione del 20 febbraio 2008 con il quale 2 alti dirigenti SEA sono stati condannati alla pena di anni 3 di reclusione per “aver omesso di "adottare e verificare un sistema di segnalazione direzionale e di locazione adeguatamente vistoso ed efficace all'ingresso del piazzale di Linate Ovest della via di rullaggio posta sul raccordo aeroportuale R6" e quindi per “lo stato in cui versava la segnaletica sul piazzale Ovest” dell’aeroporto di Milano Linate”.
  • Non corrisponde al vero che la sciagura aerea avvenne per la sola “distrazione” di un operatore in quanto non solo tale difetto attentivo non trova riscontro nelle motivazioni della sentenza della Cassazione, ma oltre all’operatore di terra vi sono state altre 7 condanne definitive di dirigenti ENAV e SEA la cui entità di pena, fatte le debite proporzioni tra la scelta del rito normale – abbreviato, sono state tutte superiori a quella comminata al controllore del traffico aereo.
  • E’ completamente falsa e destituita di qualsiasi fondamento nonché fortemente lesiva della professionalità del controllore del traffico aereo in servizio l’affermazione che in occasione della tragica collisione aerea il radar di terra fosse disponibile e che tutto avvenne per la distrazione dell’operatore di terra.

   

  • Basta considerare in proposito che l’Amministratore Delegato di ENAV (condannato alla pena di 6 anni e 6 mesi) ed il Direttore Generale di ENAV (condannato alla pena di 4 anni e 4 mesi) hanno subito tali condanne definitive soprattutto per l'assenza del radar di terra al momento dell’incidente e conseguentemente il ritardo della sua installazione e per il fatto che avevano l’obbligo “di provvedere per tempo alla sostituzione di un'apparecchiatura obsoleta e prossima a compiere il proprio ciclo vitale".  Per quanto evidenziato nel giudicato “il controllo del traffico di mezzi mobili sulla superficie aeroportuale è un aspetto importantissimo della sicurezza di un aeroporto, perché gran parte degli incidenti aerei avviene proprio sulla superficie aeroportuale” . La Corte di Cassazione ha rilevato in proposito che "la 'morte del radar ASMI alla fine del novembre 1999 aveva indebolito il sistema di sicurezza di Linate”.

In sostanza per quanto sopra descritto il radar di terra di vecchia generazione era stato dismesso ben 2 anni prima del verificarsi del disastro e tale fatto era ampiamente stato diffuso dai media nel corso del processo di primo grado e d’appello del cui andamento l’intervistato non poteva non essere a conoscenza, essendo ancora sindaco di Milano nell’anno 2006.

Distinti saluti

Il Presidente ANACNA

dott. Bruno  Barra - 2 novembre 2011

(299) Linate 2011, dieci anni dopo, su un’ inchiesta giudiziaria, sui livelli di sicurezza e standard ottimali

Calano pesanti ombre sulla dinamica del più grave disastro aereo dell’Aviazione Civile italiana.

(tratto da alcune considerazioni – fatte separatamente e qui riunite -  dei Com.ti Renzo Dentesano e Giuliano Mansutti)

 

L’iter processuale si è concluso nel 2008. Era da tempo risolta anche l’analisi investigativa dell’ANSV e della Procura di Milano oltre alle ricostruzioni espresse dai consulenti di parte.

Tuttavia, tra le ipotesi valutabili sulla dinamica dell’incidente, non risulta essere stata verificata anche l’eventualità di una improvvida “scelta operativa”, magari scientemente esercitata da parte dell’equipaggio del Cessna, nel percorrere in contromano il raccordo R6.

Certo, nello scenario sopra prefigurato cambierebbe la concatenazione e l’analisi degli eventi poiché l’incursione in pista andrebbe riletta alla luce della nuova ipotesi interpretativa di cui sopra ed annese responsabilità anche correlate allo status delle infrastrutture dello scalo, all’adozione delle procedure operative, ai controlli ed alla vigilanza degli addetti investiti delle varie competenze.

 

Tuttavia, è ovvio che solo la riapertura dell’indagine potrebbe risolvere quello che per alcuni è ancora un dubbio.

Ci sorprende, infatti, che non sia stata inserita fra i diversi scenari sulla dinamica dell’incidente l’ipotesi di una deliberata “scelta operativa” di percorrere in contromano il raccordo R6 nonostante la diversa autorizzazione ricevuta dalla Torre di Controllo confermata, peraltro, dai piloti del Cessna.

Tale ultimo aspetto, tra l’altro, è stato accampato nelle arringhe di alcuni difensori, senza però destare attenzione da parte del collegio giudicante. Quest’ultimo, a nostro avviso, si sarebbe potuto avvalere, più da vicino, del supporto tecnico scientifico di un collegio peritale multidisciplinare nominato dal giudice terzo che avrebbe potuto contribuire ad allargare e meglio approfondire le congetture dell’unico consulente della Pubblica Accusa.

 

La fretta di chiudere non ha consentito, per questo e per numerosi altri aspetti, di svolgere una scrupolosa ma semplice e meccanica analisi della documentazione disponibile ed agli atti.

E quindi prende sempre più forza il quesito di Dentesano e Mansutti: può essere stata una violazione consapevole dell’equipaggio del Cessna a innescare la catena degli eventi di quella mattinata di nebbia, inefficienze, carenze e tragedie?

Gli estensori poi riassumono in una serie di interrogativi gli inquietanti dubbi manifestati:

 

·         Il contromano, come atto deliberato e consapevole,  è stato valutato?

 

·         Se è stato verificato, per quale ragione non c’è traccia nella Relazione finale ANSV?

 

·         Come mai non sono stati verificati i tempi di rullaggio?

 

·         Per quali ragioni le investigazioni non hanno contemplato il contromano?

 

·         Per quale ragione le investigazioni non hanno contemplato l’analisi degli standard internazionali?

 

In conclusione da quanto sopra osservato e riferito si potrebbe evincere che l’incursione  del Cessna in pista quel tragico mattino potrebbe essere scaturita, non da errore umano o  distrazione, ma da scelta deliberata.

E poi quanto a safety ed opera di prevenzione sarebbe utile sapere se, ad oggi, sono state completate - o quale sia lo stato dell’arte - le procedure di implementazione di un Safety Management System,  al cui interno dovrebbero essere ricomprese le azioni di prevenzione delle incursioni in pista da parte degli stakeholders aeronautici, in ossequio alle raccomandazioni internazionali.

 

Fra l’altro il Piano di Rischio e gli standard ottimali per l’aeroporto di Linate, sostengono ancora gli esperti autori di queste note, sono ancora da raggiungere.

Dopo dieci anni, in buona sostanza, a fronte dell'adozione dell'Annesso 14 ICAO, tradotto nel Regolamento ENAC sulla Costruzione ed esercizio delle infrastrutture aeroportuali, alle circolari operative ENAC, resterebbe ancora tanto da fare.

 

Una pista come quella di Linate non dovrebbe garantire la presenza di una RESA - Runway End Safety Area  - ovvero di spazi di sicurezza di inizio e fine pista di 240 metri?

E il "Dedalo" di Cascella e quei distributori a fine pista, continuano a chiedersi gli i nostri attenti e scrupolosi piloti?

Ed ancora:il Piano di Rischio di incidente aeronautico, in asse pista, sottostante alle rotte di decollo ed atterraggio, dei 1050 metri laterali, non dovrebbe essere già stato adottato?

 

Almeno in occasione dei dieci anni dal più disastroso incidente aereo del Paese forse sarebbe stato meglio concentrare gli sforzi per sopperire ad eventuali carenze infrastrutturali dello scalo onde non alimentare il pessimismo di chi ritenga che non sia stato fatto tutto per evitare il ripetersi di tali drammatici accadimenti.

  

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La redazione di STASA prendendo lo spunto da queste preoccupanti osservazioni ritiene fondamentale proprio in concomitanza con questo tristissimo decennale – al di là delle iniziative pubbliche che mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla esigenza di raggiungere livelli di sicurezza sempre elevati – di iniziare a raccogliere presso le realtà aeronautiche più evolute indicazioni su come far sviluppare nel nostro Paese un’autentica cultura della prevenzione di cui si avverte una forte mancanza e non solo nel settore del trasporto aereo. Il nostro vuole essere un contributo di idee per la comunità aeronautica in questa direzione. 20 ottobre 2011

(298) Linate 8 ottobre 2011, dieci anni dopo, dall'indagine incompleta alla safety, agli standard ENAC

Nessun errore umano, nessuna distrazione ma scelta deliberata: il contromano.Intanto il Piano di Rischio e gli standard ottimali sono ancora da raggiungere.

 

Il contesto politico più ampio quanto lo scenario infrastrutturale ed operativo dello scalo sono altri.

Anche se nulla sembrerebbe essere mutato.

 

Nella serata del 7 ottobre 2001, mentre era ancora in corso un referendum confermativo sulle modifiche al Titolo V della Costituzione, dopo l'attacco militare in Afghanistan alle 18.28 di Kabul, l'Italia era in stato d'allerta. Il piano di sicurezza predisposto dal Governo era  scattato, a Palazzo Chigi si era insediata l'unità di crisi presieduta dal consigliere militare del premier, il generale dell'Aeronautica Leonardo Tricarico, mentre in serata si è riunito il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal ministro dell'Interno Scajola.

 

L'allerta «Bravo», il secondo livello, su una scala di quattro (Alpha, Bravo, Charlie e Delta) era stato attivato. A Linate c'era nebbia, e le previsioni non erano diverse per la notte quanto per la mattina successiva.

Gli atterraggi ed i decolli continuavano: secondo una prassi operativa consolidata.

 

L'incidente tra Cessna e MD 87, le 118 vittime, la concatenazione degli eventi che sono seguiti. Il ritardo nella identificazione della dinamica avvenuta, degli interventi, lo spazio inevitabile delle polemiche. L'apertura dell'indagine tecnica e di quella giudiziaria. Le conclusioni dell'inchiesta ANSV. Le sentenze della Giustizia.

 

Le certezze, le prove e le contraddizioni. Le imperdonabili negligenze.

Ma - come sostiene da anni Aerohabitat - non ci fu nessun errore umano, nessuna distrazione del pilota.

 

Lo scenario investigativo di una dinamica incidentale causata da una "decisione volontaria e consapevole" del pilota del Cessna, di rullare contromano non è mai stato, probabilmente, adeguatamente esplorato e/o verificato. La documentazione che Aerohabitat ha sviluppato nel "Linate 8 ottobre 2001, l'altra inchiesta", disponibile su www.aerohabitat.org  e www.aerohabitat.eu lo ha evidenziato.

 

Almeno questo è il riscontro di Aerohabitat. Una prova chiave, il contromano volontario, probabilmente, non è stata ancora analizzata. Una imperdonabile negligenza investigativa che potrebbe, probabilmente, aver ostacolato la verità. E' stata la sola disattenzione?

 

Certo lo scenario del contromano volontario ribalta la concatenazione degli eventi, dell'analisi e delle responsabilità. Di quelle relative allo status  dell'infrastruttura dello scalo, dell'adozione delle procedure operative, dei controlli e della vigilanza sull'operato degli addetti investiti delle varie competenze.

 

Ma solo la riapertura dell'indagine potrà, finalmente, risolvere quello che per alcuni è ancora un dubbio?

Dopo dieci anni inoltre, a fronte dell'adozione dell'Annesso 14 ICAO, tradotto nel Regolamento ENAC sulla Costruzione ed esercizio delle infrastrutture aeroportuali, alle circolari operative ENAC, resta ancora tanto da fare. La regolamentazione vigente è ancora sulla carta o, come qualcuno sostiene, che "oggi Milano è la capitale della sicurezza aerea"?

Una pista come quella di Linate non dovrebbe assicurarsi una RESA - Runway End Safety Area  - ovvero di spazi di sicurezza di inizio e fine pista di 240 metri?

E il "Dedalo" di Cascella e quei distributori a fine pista?

 

Il Piano di Rischio di incidente aeronautico, in asse pista, sottostante alle rotte di decollo ed atterraggio, dei 1050 metri laterali, non dovrebbe essere già stato adottato?

Almeno in occasione dei dieci anni dal più disastroso incidente aereo del Paese.

Dopo 10 anni invece, poco o nulla sembrerebbe cambiato? 8 ottobre 2011