Non è un gioco di parole. E tanto meno uno scioglilingua. E’ l’ossimoro quotidiano che imperversa e rende la “vita” quesito indecifrabile ed incomprensibile.
Nelle recenti querelle sul mare nostrum e sulle coste nordafricane pare impossibile decifrare il superficiale uso dei termini, e relative discussioni, di “comando”, di “controllo delle forze” e di “coordinamento delle attività”. E su una “guerra” che non è guerra.
Stessa difficoltà traspare fra querelle di rilevanza pseudo politica sulla distinzione, reale od apparente, fra partecipazione a “corsi di formazione” invece che “master”, fra “corsi di laurea” e “laurea”, fra “laurea breve” e “laurea”. E poi, ancora, sulle “interviste” che non sono interviste. E via dicendo. E pare essere il diversivo nazionale del momento. Ma siamo sempre in area gossip. Anche le notizie relative alla guerra, purtroppo, sono a quel livello, fatta salva la crudele sofferenza, certa, dei civili.
Ciò che gossip non è con certezza, ed appare invece assai preoccupante, è la perversa afasia del mondo aeronautico nazionale su problematiche che, innescato un qualche evento “non funzionale” (incident/accident), riservano una ricerca responsabile di “errori e/o colpe”.
Altre volte si è richiamata l’attenzione su sentenze legate alla “funzione di garanzia” o alla “presenza di garanzia” nel comparto Traffico Aereo e all’interpretazione degli organi giudicanti sul rispetto, sul valore e/o validità delle normative internazionali, di fatto, riconosciute ed adottate dalla normativa nazionale ma derubricate, purtroppo, a consuetudine non conforme al “diritto” nazionale.
E anche qui non si tratta di un giro, vizioso, da parole e termini. E’ fatto attuale.
Orbene la recente revisione del Codice di Navigazione ha riservato non poche sorprese e fra le tante, incomprensibili, ne ricordiamo una semplice ed apparentemente insignificante ma, di fatto, potenzialmente deleteria e per ogni fruitore di servizi ATCS e per i server provider nazionali.
Di che si tratta? Il legislatore italiano, forse animato da focosa necessità del semplificare, decide di sopprimere il termine “aerodromo” e di riformularlo, per tutti e in tutto, con il più elegante e comprensibile “aeroporto”. Ma tale opzione di restyling è rimasta orfana della relativa “definizione”. E ogni interessato alle operazioni ATCS sa bene l’importanza e la funzione delle “definitions” che costituiscono l’ossatura interpretativa dei termini usati in ogni documento ICAO, tanto da essere rappresentate sempre nel “CHAPTER 1" di ogni singola pubblicazione.
Non è certo il caso di ripetere ciò che ICAO intende per “aerodrome” ( aerodromo). E’ il caso di rimarcare, invece, che nel contesto ATCS l’organismo internazionale non menziona affatto il termine “airport” (aeroporto).
Ora, a fronte di una chiamata da parte dell’organo giudiziario a rendere merito delle proprie azioni funzionali nel/sul sito “aeroporto” di ogni utente e ogni server provider che segue ed insegue DOC ed Annex, nei quali tale termine non compare, quale disanima utile potrà essere effettuata in nome del “diritto”?
Pare che in prospettiva si manifesti una nuova opportunità ovvero un possibile ricorso civile contro “una violazione manifesta del diritto” nei confronti di chi del diritto è custode. Ma a chi può giovare un simile groviglio inestricabile? Di certo non all’utenza. E nemmeno ai provider. E ben che meno ai passeggeri ignari di cotanta confusa normativa. Ed è altrettanto certo che tutto ciò non ha nulla a che spartire con il nobile tentativo di cercare di operare in funzione propedeutica ad un incremento dell’azione operativa tesa a garantire, sempre, maggiore sicurezza.
La semplice spontaneità spinge a chiedersi se c’è qualcuno, autorevole, che con cognizione di causa possa scardinare il primo anello della catena perversa, che lega inesorabilmente piloti, controllori e addetti al servizio ATCS in genere, rappresentata dall’ambiguità dei termini e terminologia usati e della correlazione degli stessi espressi in lingua inglese e tradotti in lingua italiana? Abbiamo un bel dire: usiamo solo la lingua inglese. E’, senza dubbio, atto dovuto, doveroso ed auspicabile. Le riserve vengono, ancora, dal “diritto” che, a quanto pare usa esclusivamente la lingua italiana e, a volte, ignora anche una corretta disponibilità di un’accettabile correlazione. Quando c’è correlazione.
E l’abrogazione del termine aerodromo nel nuovo Codice della Navigazione ne è solo un esempio di impossibilità di correlazione funzionale con il termine aeroporto. In termini ATCS.
E’ chiaro il perché dell’esprimersi del “nostro diritto” in lingua italiana. Non è assolutamente chiara, e tanto meno accettabile, l’azione determinata a rendere necessaria e complessa un’interpretazione di termini quando esiste la provata opportunità di non ricorrere ad alcuna interpretazione.Dove sono gli “esperti in pilotaggio, navigazione e controllo”, già in quiescenza, che prestano consulenza all’organo regulator e agenzia SV perché ritenuti capaci di comprendere problematiche operative e capaci di esprimersi e relazionare correttamente? E dove sono quelli “regolarmente” in servizio?
E così del quesito iniziale resta certa, ed inesorabile, solo la parte centrale. E non è consolante di certo. Parafrasando un vecchio spot pubblicitario che più o meno recitava: ”Butta la testa, butta la coda e tieni il cuore”. Ecco, appunto. Ma di ben altro “prodotto” si trattava.