mercoledì 05 ottobre 2011 08:28 Età: 12 yrs

Danni da wake turbulence? Sequenze troppo strette… e non solo in decollo.

Categoria: ATC Batter, Aviation topics, Std ICAO ENAC, Human factor, Incidenti aerei

 

by ATC Batter

Una “scia vorticosa” che trascina, inesorabilmente, in un conflitto di interessi le velleità di tipo economico addebitabili alle imprese di trasporto e alle società di esercizio aeroportuali e la necessità primaria del servizio ATC di garantire un’inequivocabile funzione di sicurezza.

Proiezioni futuristiche ci espongono, quotidianamente, illusori scenari di inverosimili incrementi di “capacity” dello spazio aereo e dei sistemi aeroportuali affidandosi a riduzioni delle separazioni coadiuvati e supportati da nuovi e sofisticati ritrovati tecnici ad uso del pilota e del controllore del T.A. Inverosimili perché non gestibili in sicurezza.

Anche se appaiono apprezzati e sponsorizzati da molti operativi. E quando le separazioni specificate da ICAO appaiono “abbondanti”si suggerisce di adottare quelle applicate dalla FAA, più strette E, da noi in Italia, necessitano delle validazioni in deroga dall’ENAC. E non ci si accorge, ovvero non ci si vuole accorgere, che l’anello finale della lunga trattazione ed elaborazione dei dati, sia pure in forma decisamente affidabile, passa, gioco forza, attraverso l’interpretazione e l’intervento di due esseri umani: pilota e controllore. E’ a loro che, alla fine, se ne chiede conto.

E le operazioni non avvengono certo “a tavolino” ma in un contesto dinamico dove la velocità e padrona incontrastata. Poi le condizioni meteo non demordono di certo. E poi il contesto orografico. E, ancora, l’inevitabile intreccio fra arrivi/partenze dove la “pianura padana” è esempio eloquente.

E poi che dire della futuribile espansione di Malpensa con la terza pista che renderebbe la ”centrale” 35L legata con un doppio nodo scorsoio alle altre due comunque venga utilizzata? Mitre la propone e ne parla ma, curiosamente, evita di ipotizzare in concreto l’uso a “tre” decisamente impegnativo per l’ATC e non certo foriero di “miracoli” sul piano “capacity”, se si vuole garantire una sicurezza continua. Infatti, la problematica delle procedure dei mancati avvicinamenti resta allo stato sublimale. E ciò condiziona la sequenza degli arrivi e delle partenze.

E molti non lo recepiscono. Ci si limita a presentare ipotesi duali lasciando, volutamente, nel limbo la creatura “terza”. E le situazioni di wake turbulence dannose non sono, certo, eventi né marginali né minimali viste le interdipendenze delle possibili procedure e le consolidate convinzioni (???) che le sequenze, in genere, si possono stringere ancora. E può bastare. E ciò che resta è semplice bigiotteria. Come il suggerimento del preventivo sviluppo delle procedure e validazione ENAC prima di ogni intervento strutturale. Infatti, si da scontato l’utilizzo di procedure non conformi al dettato ICAO per giustificare un intervento di simile portata e garantire un’economicità delle operazioni. E ci mancherebbe altro che ciò non avvenga. Vorremmo. Ma è probabile che non avvenga. Di certo dimenticheranno qualche cosa. E chi ricorda il 1998 sa benissimo che ciò è possibile. “Tu vuo’ fa’ l’americano” di Renato Carosone è più che mai attuale anche oltre il 46° parallelo.

 

Ogni “diavoleria” tecnologica tesa ad evidenziare una situazione critica non può certo essere rigettata come inopportuna ma non può essere, di certo, ritenuta sempre quale sistema “base”per garantire un volo sicuro. I sistemi integrati tesi a permettere una “via di fuga” a fronte di un possibile e/o probabile evento “disastroso” sono si utili ma non devono assolutamente entrare nella “normalità” applicativa delle azioni sia di navigazione sia di controllo ATC. Ovvero non è possibile operare ed agire in funzione dell’esistenza di un sistema che, in estremo, ci avverte di un pericolo imminente. Tale funzione deve essere e deve restare funzione di emergenza. Se poi i “giocatori” sono più di due le cose si complicano notevolmente. E, in questo contesto, il ricordare che una classica procedura di mancato avvicinamento è una procedura normale e non una procedura di emergenza, pare essere una precisazione dovuta e doverosa, vista l’attenzione dei media al primo sentore di un mancato atterraggio spesso “raccontato” dai passeggeri.

 

 

Oggi è marcata la tendenza ad “accomodare” il valore della capacity alla domanda sempre più crescente invece di accettarlo, come determinato, in funzione delle reali ed oggettive potenzialità offerte dalla dimensione e tipologia dello spazio aereo e del Servizio ATC possibile e sostenibile. Ieri se ne forzava il valore pressando gli operatori ad agire secondo una maggiore capacità (bravura) contingente reclamandone l’eccessiva valenza teorica del relativo calcolo e il marcato “margine” strettamente legato alla garanzia operativa in termini di sicurezza. Come a dire: c’è ancora spazio, la sicurezza non soffre e puoi stingere. Pari alle teorie propinanti le riduzioni delle separazioni in decollo o in navigazione.

Così facendo si riduce lo spazio per agire e il “preventing collisions” scivola inesorabilmente verso un “avoiding collisions”. Ma questa non è pratica primaria e funzionale di un Air Traffic Control Service. E, di certo, non è pagante in sicurezza. E, anche qui, nel comune disquisire, una maldestra e approssimata traduzione dei termini, in italiano, non manca mai.

 

Non sono, queste, idee di parte. Tantomeno stravaganti. Rappresentano, a parere dello scrivente, una semplice analisi propedeutica all’applicazione della filosofia di base a garanzia di una navigazione sicura.

E le osservazioni ospitate da Aerohabitat a cura del Com.te Renzo Dentesano ed in particolare quella del 16 di Settembre dal titolo “Anche l’EASA se svegliata!” mi sollecita una considerazione di “parte”, da anteporre alla situazione di wake turbulence dagli effetti così devastanti. E senza nulla togliere alle considerazioni tecniche evidenziate.

Non sarà il caso di rendersi conto che la separazione al decollo, seguente ad un B747 (e/o similari), di un minuto e 40 secondi, ha, di fatto, provocato un disastro? Teorie, statistiche e simulazioni tese sempre più a “velocizzare” i decolli e a ridurre le separazioni in genere non suggeriscono, forse, che trattasi, a volte, di forzature non del tutto appropriate se finalizzate alla primaria funzione della Navigazione e del Controllo del Traffico Aereo: la SICUREZZA?

 

Qualunque sia l’Organo preposto che ha sottoscritto e convalidato la sopracitata separazione ha, di fatto, fallito clamorosamente. E ha fallito, anche, chi ha accettato tutto ciò. A nulla valgono i richiami alle valutazioni, riscontri, elaborazioni e simulazioni al computer precedentemente effettuati. E ci siamo fermati e focalizzati su un probabile e possibile “punto debole” del mezzo aereo che ha subito le conseguenze. Ma quali altri tipi di aeromobili avrebbero potuto subire stessa sorte? Si vuole ancora contare su una “sfida” fra ipotesi comportamentali e fatti reali a consuntivo? Ma!!! Pare tecnica alquanto discutibile. E il piglio deciso del Com.te Dentesano rimarca l’uni-direzionalità delle raccomandazioni e/o consigli di EASA.

 

Ma il riscontro economico “della giornata”, in termini di fatturato, è altra cosa…..e un tecnico non potrà mai capire, pilota o controllore che sia. E la “turbulence” è sempre in agguato. E le persistenti e continue proposte di continuare a ridurre le separazioni e il sequenziamento sempre più affidato a “macchine”, decisamente eccellenti per un videogame, non fanno ben sperare.

Il profilo di evento “negativo” nella conduzione del volo e la chiamata correa del pilota e/o del controllore del T.A sono, anche esse, sempre in agguato.

 

E vale la pena ricordare che sul caso oggetto del disquisire pur di rendere minimali le chiare, facili, semplici ed inequivocabili funzioni di un contaminuti ( non contasecondi ) o orologio o segnatempo che dir si voglia e il suo uso appropriato si suggerisce e si sollecita l’adozione di apparecchiature capaci di stimolare l’attenzione del pilota sull’uso ripetuto ed accentuato di un comando di volo per “ammorbidirne” gli effetti a salvaguardia della sostanziale integrità della struttura del mezzo aereo. Utile, certo. E non solo in quelle particolari condizioni di turbolenza. Un ottimo “warning” per chi sta ai comandi: se insisti rompi tutto. Ma come se ne esce da una simile situazione? Non entrandoci, applicando le chiare procedure che il sistema ATC impone.  Ovvero una “corretta” separazione longitudinale. E non basta una semplice e tacita condivisione e/o accettazione fra i soggetti interessati: va imposta con una decisa azione di Controllo del T.A.

 

Il Controllore del T.A. non dimentichi che sarà comunque il primo a doverne rendere conto perché non può non sapere e non può non conoscere le responsabilità cui è chiamato in fatto di turbolenza di scia. Anche a fronte di un’azione/accettazione “eroica” ed interessata di qualche pilota a seguito di una sollecitazione/offerta, sempre impropria, del controllore. E non c’è validazione che tenga. E in questo caso non ci potrà essere alcuna credibile difesa da parte delle associazioni di categoria. Né sindacali, Né professionali. Fatta salva un’affettuosa e dovuta vicinanza.