lunedì 21 luglio 2014 08:37 Età: 10 yrs

Aeroporti ed i vincoli avio/ambientali determinano, inevitabilmente, limiti allo sviluppo

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Occorre ripensare i cosiddetti Piani di Sviluppo Aeroportuale (PSA) al 2030!

Lo scenario prospettato nel 1972 con il Rapporto sui limiti dello sviluppo (dal libro The Limits to Growth. I limiti dello sviluppo), commissionato al MIT dal Club di Roma, non potrebbe rappresentare un riferimento anche per il Piano Nazionale Aeroporti del Belpaese e i cosiddetti Piani di Sviluppo Aeroportuale (PSA) al 2030 se non al 2044?

Inquadrare una sorta di un indice di saturazione, di limiti fisiologici allo sviluppo, al numero dei voli e/o dei volumi di passeggeri trasportati da uno scalo aereo come uno di quelli operativi nella Penisola non rappresenta innanzi tutto una iniziativa di buon senso se non una inevitabile conseguenza per piste di volo sorte nel secondo dopoguerra da ex aerobasi militari?

L'ampliamento e l'espansione del sedime aeroportuale appare praticabile e funzionale solo per aree non antropizzate, distanti da insediamenti urbani ed edificazioni sensibili ed a rischio incidente rilevante.

Quanti aeroporti italiani possono vantare spazi/aree di espansione e acquisizione di territorio asservito alle operazioni di volo? Probabilmente nessuno! L'ultimo aeroporto costruito ex novo, perciò non una trasformazione di una exaerobase militare è Fiumicino: il Leonardo da Vinci che ha pianificato il raddoppio del sedime dello scalo.

Le restanti piste di volo hanno origine militare e sono state allungate ed i sedimi dilatati a scapito del circondario che è stato comunque antropizzato all'inverosimile. Sono sorte edificazioni di ogni sorta. Residenziali, commerciali, industriali. Ma anche Oasi Naturalistiche, ospedali, distributori di carburanti per autovetture e depositi di benzineavio ed altre liquidi a rischio incidente rilevante.

Il Piano Nazionale Aeroporti starebbe promuovendo, da 50anni, i medesimi traguardi.

Accrescere i parametri operativi di uno scalo aereo. I termini del target appaiono immutabili: incremento dei movimenti in pista, aumento del picco orario dei voli, raddoppio del numero dei parcheggi degli aeromobili, un terminal raddoppiato se non aggiuntivo, migliaia di nuovi parcheggi per vetture e dilatazione delle attività non aviation (vendita retail, alberghi, centri commerciali, ristoranti e tanto altro).

Uno sviluppo ritenuto - almeno al momento - senza fine.

Il Piano di Sviluppo Aeroportuale identifica in genere un masterplan con relativo programma di potenziamento di uno scalo. I termini, i target sono sempre gli stessi: incremento nel numero dei voli, dei passeggeri trasportati e financo una estensione del sedime aeroportuale. Tutto regolare quindi? Mai che l'analisi di una qualunque piano degli aeroporti abbia ancora determinato una sorta di limiti allo sviluppo di uno scalo.

Sembra quasi che gli spazi di crescita siano senza confini. Quasi le piste di volo fossero localizzato fuori, lontano in zone geograficamente distanti da centri abitati e insediamenti sensibili. Al margine di attività antropiche storiche e recenti. La realtà è invece del tutto opposta.

A quando un "Rapporto sui limiti dello sviluppo" degli aeroporti del Belpaese? Quale autorità potrebbe investire in una analisi sugli standard aeronautici, sull'ecosistema aeroportuale e sulla stessa tutela dei residenti dell'intorno, dello staff di scalo e dei passeggeri?