martedì 08 marzo 2016 05:55 Età: 9 yrs

Aeroporti e co-marketing, un motore di sviluppo comunque?

Categoria: Aeroporti, Ciampino, Bergamo, Ronchi L., Altri scali, Pisa, Treviso, Archivio, Pubblicazioni, Dossier

 

Il caso di Bergamo Orio al Serio con 10milioni di passeggeri/anno!

E' certo che una infrastruttura aeroportuale possa costituire un motore di sviluppo per l’economia di una vasta area, per un territorio delimitato dal bacino di traffico e, probabilmente, anche per la zona contigua.

Ma stimare la rilevanza dell’impatto economico di aeroporto non appare facile. L'aeroporto può, infatti, essere di poche migliaia di passeggeri/anno e di milioni di utenti/anno. Tra un aeroporto hub e uno scalo minore identificare i parametri utili per l' analisi e associare computi complessi e difficili non è semplice. Come rapportare quindi i costi, i finanziamenti per insediare una infrastruttura aeroportuale, i costi di gestione, l'adeguamento infrastrutturale (nuova pista, nuova aerostazione, una efficiente piattaforma ferroviaria, autostrade di collegamento) con il piano strategico e co-marketing per attivare sostenere i voli diventa una impresa che consulenti, esperti di economia hanno spesso elaborato e documentato.

Stimare l’impatto economico e territoriale degli aeroporti è diventato spesso un mestiere per motivare piani industriali e ingenti finanziamenti associati.

Le metodologie per valutare e verificare l'analisi socio‐economica, a livello regionale di bacino di traffico sono numerose. Confrontare le ricadute positive con gli effetti collaterali negativi sulla comunità insediata e residente è una operazione che non permette di valutare con precisione tutti i risultati.

Allo sviluppo del sistema aeroportuale, in termini di volumi di traffico si associa comunque alle ricadute globali sulle quali sono calcolati gli effetti moltiplicativi diretti, indiretti, indotti e catalitici. Derivati dalle attività avio e non avio collegate al sistema scalo. In aeroporto e oltre l'aeroporto

Testi e metodologie base, di riferimento sono quelli della Oxford Economics, FAA (Federal Aviation Administration) e ACI Europe (Airports Council International).

Hanno inquadrato, si suppone anche in Italia, tali prospettive e stime?

Ma cosa accade quando in un a territorio di 200-300 km sono localizzati due, tre e, magari, quattro e cinque aeroporti? Spesso insediati in Regioni diverse e concorrenziali? Quando ognuno di questi aeroporti, risultato di un confronto secolare, vittime di un provincialismo, un campanilismo senza fine è obbligato a sostenere piani di investimento e pratiche di co-marketing dispendiose e concorrenziali?

Se le stime per "investire" sull'aeroporto delineano scenari positivi nel breve e lungo periodo, assai meno si conosce sugli effetti, sui risultati, ad esempio, di una politica che da conto di 10-15-20anni di co-marketing per il sussidio ai voli.

Quali reali relazioni sono state verificate tra crescita del volume di passeggeri (indotta dal co-marketing) su un determinato aeroporto e la crescita commerciale-turisitico- industriale del territorio correlato alla stessa infrastruttura di scalo?

Come valutare i reali costi-benefici di un aeroporto? L'analisi sistematica è forse avvenuta, a posteriori, in qualche scalo del Belpaese? Sarebbe bello saperlo?

In Italia, anche dopo l'elencazione delle tipologie di scalo identificate e la suddivisone del Piano Nazionale Aeroporti , la prevalenza dei passeggeri sono movimentati da pochi scali. Quasi il 70% degli utenti volano su aeroporti con 5/6 milioni di passeggeri/annoi. Sono solo sette o otto. Sono troppi invece gli aeroporti sotto il milione di passeggeri/anno. Sono comunque scali nei quali gli incentivi di co-marketing - senza gara d'appalto - sono elevati, e, probabilmente, alla lunga, sono costi non sostenibili.

Ma coinvolti dal co-marketing sono anche scali come Bergamo-Orio al Serio, terzo scalo del Belpaese: con oltre 10milioni di passeggeri nel 2015. E' vera gloria?