lunedì 07 maggio 2018 04:00 Età: 6 yrs

Impatto volatili: Airbus 330-200 Alitalia decolla da Rio de Janeiro e rientra dopo due ore!

Categoria: Aeroporti, Altri scali, Safety Security , Archivio, Dossier, Convegni, Impatto volatili, Incidenti aerei, Human factor, Comitati

 

La nota tecnica del Dott. Valter Battistoni (già BSCI)

La cronaca riporta il AZ 673 Rio de Janeiro – Roma Fiumicino decollato intorno alle 16.07 Z del 1 Maggio 2018, immatricolato EI-EJH, in salita dalla pista 10 avrebbe impattato volatile/i. Senza aver altri riscontri o indicazioni anomali ai propulsori l’equipaggio ha proseguito il volo fino alla quota di crociera iniziale di livello 350 quando ad una distanza di circa 350 miglia nautiche a NordEst dell’aeroporto di partenza è stato deciso il rientro. Il volo è atterrato senza conseguenze sulla pista 28 di Rio de J. circa due ore dopo l’orario di partenza.

Quali le ragioni del “ritardato” rientro e/o quali eventuali anomalie sono state riscontrate dall’equipaggio? I passeggeri hanno potuto continuare il volo con l’arrivo di un aeromobile sostitutivo, un Airbus 330-200 matricola EI-EJM, riposizionato da Roma AZ-8000 dopo circa 14 ore dall’atterraggio dell’Airbus rientrato. I passeggeri sono ripartiti per Roma Fiumicino decollando con circa 32.5 ore di ritardo. Le informative sul volo (http://avherald.com/h?article=4b81ed5f&opt=0

https://flightaware.com/live/flight/AZA673/history/20180501/1735Z/SBGL/LIRF)

riportano che in data 5 Maggio sarebbe stato rilevato un impatto/ingestione volatile/i da parte del motore n°1 (CF6 di sinistra) e di come l’Airbus 330-200 sarebbe stato portato in hangar per un intervento di “manutenzione”.

 

 

“In assenza di parametri anormali”

 

Analisi del Dott. Valter Battistoni

 

Il rientro all’aeroporto di partenza del volo Alitalia AZ 673 Rio del Janeiro- Roma Fiumicino del 1° Maggio riapre la vecchia e mai risolta questione della prosecuzione del volo dopo un bird strike al decollo “in assenza di parametri anormali”. Non sappiamo esattamente come si siano svolti i fatti, ma di sicuro l’equipaggio dell’Airbus 330 dopo l’impatto (singolo, multiplo?) ha proseguito la salita fino alla quota di crociera salvo poi decidere di rientrare due ore dopo il decollo. Il danno evidentemente era serio e non riparabile in loco per cui si è dovuto inviare un altro aereo che ha portato i passeggeri a destinazione ben 32 ore dopo.

Chi segue per ragioni professionali gli eventi di questo genere nel mondo si può rendere immediatamente conto delle difformità di comportamento dei piloti in presenza di casi analoghi; c’è chi rientra immediatamente all’aeroporto di partenza e chi decide di proseguire fino a destinazione, salvo poi magari dirottare su un altro scalo o accorgersi all’arrivo di aver subito danni consistenti. Naturalmente esiste anche la possibilità che l’equipaggio non si accorga di nulla.

Premesso che la discrezionalità del pilota deve restare sovrana, ci si interroga tuttavia su quali presupposti il pilota si basi per una valutazione dell’opportunità di proseguire il volo senza poter verificare direttamente l’eventuale danno. Uno dei presupposti è certamente la geografia della tratta da volare: un conto è infatti poter volare diverse ore sulla terraferma con decine di possibili aeroporti disponibili in caso di necessità, un altro è dover attraversare un oceano,magari con un bimotore.

Le cronache sono piene di casi diversi ma in fondo analoghi; il precedente più rilevante ha visto l’equipaggio di un B777 della Philippine Airlines volare nel 2011 da Manila a Vancouver salvo poi scoprire che uno dei motori aveva subito danni da ingestione tali da dover essere sbarcato e sostituito.

Degno di nota è anche un volo da Melbourne alle Hawaii nel 2016, quando l’equipaggio, pur cosciente di aver impattato con un (o più?) volatile al decollo, in assenza di indicazioni strumentali anomale, prosegue il volo per 10 ore attraversando l’Oceano Pacifico. Anche in questo caso dopo l’atterraggio il motore ha dovuto essere completamente sostituito, segno che il danno era grave, e il rischio di rimanere con un solo motore in pieno oceano concreto. Inoltre è pur vero che il propulsore danneggiato ha continuato a funzionare, ma il solo dubbio che anche l’altro potesse essere stato coinvolto avrebbe dovuto indurre a maggior prudenza.

Tralasciamo per brevità tutti gli altri casi conosciuti, che sono per la verità numerosi, e figuriamoci quelli non conosciuti dato che episodi del genere fanno parte dei segreti meglio custoditi delle compagnie aeree che in questi frangenti non brillano certo per trasparenza.Tutti questi eventi dimostrano però l’eccessiva propensione degli equipaggi, in assenza di un addestramento specifico e di una policy di compagnia, a fidarsi troppo dell’assenza di parametri anormali.

Le compagnie in genere non hanno infatti una linea uniforme sul comportamento dei propri i piloti in tali eventualità, anzi il più delle volte non hanno alcuna linea, delegando loro il compito e la responsabilità di prendere la decisione più opportuna. In nessun manuale di nessuna compagnia c’è l’ordine di atterrare immediatamente dopo un impatto con volatili, singolo o multiplo, con o senza ingestione che sia. Tuttavia di fatto vengono esercitate forti pressioni psicologiche sugli equipaggi affinché vengano contenute le spese, perché l’aereo ritorni alla base di armamento, perché non si scarichino tonnellate di carburante e così via.

Esiste perciò una zona grigia nella quale si è certi di aver subito un impatto ma tutto continua a funzionare regolarmente e non si sa bene cosa fare: rientrare e scoprire di non aver subito danni, col rischio di ricevere magari una lavata di capo, o proseguire confidando nel proprio aereo.

Riteniamo che questo sia un argomento del quale dovrebbero interessarsi non solo le compagnie aeree (qualche prescrizione sui manuali di volo non guasterebbe) ma anche le autorità aeronautiche.

Queste ultime, a onor del vero qualcosa hanno fatto. La nostra ENAC ad esempio un paio di anni fa ha diffuso delle linee guida per i piloti dove si legge testualmente: “Se non è possibile abortire il decollo, allora è il caso di compiere un atterraggio precauzionale il prima possibile. Se l’impatto ha causato danni a un motore, le circostanze detteranno le appropriate procedure di emergenza da adottare. In ogni caso è necessario avvisare l’aeroporto e riatterrare.”

Avranno i piloti Alitalia letto queste semplici linee guida? Chissà. O forse all’insorgere dell’inconveniente avranno prevalso considerazioni circa i costi di un prudenziale rientro con perdita di carburante, tempo e immagine? Siamo dunque al “Safety first, butafter profit”?

Speriamo di no e in ogni caso diamo loro atto che, seppure tardivamente, hanno fatto la scelta giusta.

 

 

Il Dr. Valter Battistoni ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all’Università di Roma.

E’ stato dirigente del Ministero dei Trasporti e successivamente dell’ENAC dove ha svolto una carriera trentennale come Direttore di aeroporto. E’ stato per cinque anni Presidente del Bird Strike Committee Italy ed ha organizzato la raccolta dei dati degli impatti in maniera sistematica, rilasciando un rapporto finale annuale. E’ stato consulente di parte per l’ENAC in alcuni processi civili per risarcimento dei danni causati da bird strike. Ha organizzato i primi seminari formativi per il personale aeroportuale in materia di fauna selvatica ed è stato consulente di importanti studi legali in Europa relativamente ad alcuni incidenti ed inconvenienti.

Ha fondato e gestisce il sito web www.birdstrike.it. Ha scritto o presentato una decina di articoli o documenti in convegni nazionali ed internazionali. Attualmente è membro del Roster of Experts dell’ICAO nell’ambito del TechnicalCooperation Program, e della World Birdstrike Association. Fa inoltre parte del Consiglio Scientifico di STASA.