martedì 22 gennaio 2019 05:49 Età: 5 yrs

Belpaese e il Piano Nazionale Aeroporti: troppi e sovrapposti

Categoria: Aeroporti, Altri scali, Safety Security , Archivio, Dossier, Low cost, Convegni, Comitati , Aerolinee

 

Sui riflessi del co-marketing e di una “liberalizzazione” alterata!

Era il 27 agosto 2015 quando il Consiglio dei Ministri, ha aggiornato il PNA – Piano Nazionale Aeroporti. Ha, in sostanza aggiornato l'elencazione degli scali di interesse nazionale e internazionale.

Quella che stata inquadrata come la razionalizzazione del settore, con dieci bacini di traffico “ritenuto” omogeneo. Con ben 38 aeroporti. Ma con quale strategia e riflesso di bacino di traffico e sistema hub?

Quando, ad esempio, nel bacino del Centro Nord sono stati selezionati gli scali di Bologna, Pisa, Firenze, Rimini, Parma, Ancona, ed in sottordine Forlì, quale razionalizzazione e scelta trasportistica è stata valutata?

La contiguità tra Firenze Peretola e Pisa, quella tra Bologna, Parma, Rimini e Forlì non ha forse sovrapposto contesti territoriali troppo prossimi e coesistenti in contraddizione con criteri di selezione e identificazione più opportuni?

In pochi chilometri sulla via Emilia la localizzazione di quattro aeroporti, Bologna, Parma, Rimini e Forlì non è esagerata e controproducente per il sistema Italia? Un Paese nel quale, il loro numero, tra aeroporti hub, nazionali, internazionali e minori è di quasi 120. In prevalenza scali aerei di derivazione militare, ora scali civili, commerciali e di aviazione generale. Un panorama di scali sorta senza adeguata pianificazione in grado di supportare i rispettivi bacini d’utenza. Spesso infrastrutture senza un congruu sistema di connessioni intermodali: stradali, portuali, ferroviarie.

L’inadeguatezza dell'attuale Piano Nazionale Aeroporti investe inoltre le politiche dei finanziamenti e dei costi per sostenere il traffico aereo dei singoli scali e del sistema complessivo.

Gli asset strategici dei relativi aeroporti sono, in sintesi, finanziati attraverso accordi di co-marketing con specifiche aerolinee. Perciò il numero dei voli, delle destinazioni e, conseguentemente, il regime tariffario con il volume dei passeggeri trasportati, sono i fattori determinanti del successo e dei risultati delle società di gestione aeroportuale.

Dove i sostegni al co-marketing sono marginali e/o occasionali anche le performance dello scalo risultano minori. Con scarse prestazione nei bilanci e di profitti. Gli scali profittevoli sono inoltre gestiti da società “private” mentre quelli con scarse e/o limitati politiche di co-marketing sono in carico a gestori “pubblici e/o parapubblici”. Sono comunque politiche che, avvantaggiano le aerolinee che sottoscrivono tali politiche di co-marketing, in prevalenza low cost e che ingenerano difficoltà competitive con le compagnie aeree escluse. In Italia, è stato il caso di Alitalia.

Le criticità da analizzare e risolvere sono due e rimandano ad una: riformulazione del Piano Nazionale Aeroporti ed a una trasparenza complessiva dei costi e degli accordi di co-marketing sottoscritti su ogni aeroporto. L'Italia è il Paese europeo nel quale le low cost hanno raggiunto il maggior successo: di numero di voli e destinazioni e di passeggeri trasportati. Che non rappresenta il risultato di reali politiche di “liberalizzazione” ma di una distorsione competitiva generata da localismi aeroportuali e finanziamenti incontrollati e forse arbitrari.

L’inadeguatezza del sistema aeroportuale italiano e la lentezza dei processi limitano l’accesso delle aviolinee italiane a finanziamenti internazionali più competitivi.

Le criticità del sistema del trasporto aereo italiano sono aggravate dalle politiche delle concessioni degli aeroporti, con scadenze di lungo periodo se non quarantennale.

Il PNA italiano per rifondarsi potrebbe ipotizzare una revisione del numero degli scali secondo sistemi hub and spokes e/o point-to-point? In alternativa sono disponibili opzioni di scali integrati, prospettando bacini di traffico compatibili con un piano-aeroporti- sostenibile, non solo operativamente, finanziariamente ma sopratutto per gli standard di safety, risk assessment e ambientale.